Quando l’evitamento della sofferenza diventa disfunzionale

Quando l’evitamento della sofferenza diventa disfunzionale

Pubblicato da: Categorie: I comportamenti degli ansiosi sociali e delle persone timide, Modelli cognitivi e metacognizioni nel pensare degli ansiosi sociali

Nella cultura umana è fortemente radicata l’idea che il raggiungimento della felicità sia maggiormente disponibile evitando la sofferenza. Un tale concetto ha una sua validità nella misura in cui l’evitamento della sofferenza non dia luogo a una cognizione dogmatica e a comportamenti, da essa discendente, che determinano una sorta del “non vivere”.

Carrie Ann Baade – mare di lacrime

Portata alle sue estreme conseguenze, quest’idea conduce a un’implicita negazione della sofferenza come fattore intrinseco e propria della vita umana.  Pensare che la vita sia possibile senza patemi è come negare il principio della gravità mentre un elefante sta precipitando sulla nostra testa. Conseguenza dell’idea d’evitamento della sofferenza è l’assunzione di pensieri e comportamenti di controllo nei confronti delle esperienze.

Tali assunzioni, sono talmente considerate desiderabili, che l’attuazione di strategie di controllo attraverso pensieri e comportamenti, orientati all’evitamento della sofferenza, sono apprese e incoraggiate negli ambienti sociali e sono ampiamente divulgate nella letteratura passata e presente, nelle arti visive e persino nelle pratiche farmacologiche.

Possiamo osservare che, nella timidezza e in altre forme di ansia sociale, le strategie di controllo per l’evitamento della sofferenza, trovano applicazione assidua e sistemica. È una delle r

Quando si vede falsità e ipocrisia intorno a sé – Prima Parte

Quando si vede falsità e ipocrisia intorno a sé – Prima Parte

Pubblicato da: Categorie: I problemi delle persone timide
prima parte

Quando una persona timida è sopraffatta dalla propria condizione, dalla difficoltà di integrarsi nei contesti sociali, subentra il pessimismo.

Tamara De Lempicka – i rifugiati

Non è più solo questione di percepire sé stessi come inadeguati a vario titolo, l’intera sfera sociale gli appare come un mondo precluso alla propria persona, una società composta da individui dominati dall’egoismo, dall’insensibilità, negatrice dei sentimenti della solidarietà, della comprensione, dell’accoglienza. La generalizzazione su quest’idea negativa acquisisce valore quasi assoluto, per cui il mondo degli uomini è, di per sé, inospitale, estromissivo, minaccioso, cattivo. Questa raffigurazione acquista valore di definizione della società umana.  Benché l’ansioso sociale sia conscio della radicalità di questa sua concezione, non riesce a non pensare in termini così oscuri. È soprattutto il problema dell’accettazione a essere il terreno di coltura per la formazione di tale percezione del consesso sociale.

Un quadro come questo, si determina quando il soggetto timido vive l’interazione sociale sommerso da una varietà di disagi e dai pressanti timori di essere oggetto dell’osservazione e dei giudizi degli altri.

Ha difficoltà a inserirsi nelle conversazioni, oppresso com’è, dal n