Scelta e razionalità nella timidezza

Scelta e razionalità nella timidezza

Pubblicato da: Categorie: Il sistema cognitivo

Spesso mi capita di ascoltare pareri di persone ansiose, sulla razionalità o irrazionalità dei loro comportamenti. Alcuni considerano le loro decisioni come mancanza di scelta e, quindi, privi di razionalità. Scelta e razionalità nella timidezza sono fattori condizionati.

Penso sia bene notare che le patologie psichiche, come le ansie sociali e i disturbi dell’umore, sono dinamiche che si originano in un contesto cognitivo. 

Enzo Carnebianca – meditazione

Probabilmente, il loro errore sta nel fatto di non considerare i pensieri come fattori condizionati del processo elaborativo razionale.

La razionalità non comporta l’automatica giustezza o efficacia oggettiva negli esiti prodotti dai comportamenti decisi e attuati.

Quello razionale è un processo di analisi, valutazione e decisione, indipendentemente dal risultato finale che si esplica nell’azione. La scelta dell’evitamento è razionale, e il suo scopo è di evitare una sofferenza prevista, e tra l’altro, nell’immediato, quello scopo è quasi sempre raggiunto.  Aldo, ad esempio, ritenendo che un suo approccio verso una sconosciuta sia destinato a una figura di merda e/o non idoneo alla sua indole attuale, evita di farlo, e la prevista brutta figura non si verifica: in questo egli raggiunge l’obiettivo che si è dato. Pensare che il ragionamento di Aldo non sia logico è un errore.  Vediamo perché.

Timidezza e bisogno di controllo

Timidezza e bisogno di controllo

Pubblicato da: Categorie: Modelli cognitivi e metacognizioni nel pensare degli ansiosi sociali

Come avrete notato, da alcuni mesi, sto trattando di aspetti specifici e particolari, tipici delle forme di ansia sociale e dei disturbi dell’umore. Tutti questi aspetti, come quello di cui tratterò oggi, sono operativi nei comportamenti e sono impliciti in gran parte dei pensieri. In comune hanno il fatto di non raggiungere uno stadio di consapevolezza e nemmeno di coscienza, in parole povere, i soggetti ansiosi, e quindi anche le persone timide, non hanno la benché minima idea che nella loro mente vi siano di queste dinamiche mentali, né si rendono conto che i loro comportamenti obbediscono alle leggi di tali dinamiche.

Giorgio Celiberti – uccello nella gabbia

Le persone afflitte dall’ansia sociale non fanno altro che tentare di proteggersi da quelle che considerano le conseguenze nefaste di ciò che sono convinti di essere, o delle carenze che ritengono di avere.

Le credenze disfunzionali, e cioè, quelle che ho più volte definito come interpretazioni emotive della realtà, condizionano a tal punto la vita pratica dei soggetti timidi e degli ansiosi sociali, da rendere la loro esistenza, una sorta d’incubo romanzato. 

Queste inducono a percepire gli eventi, in qualità di soggetto sociale, come una selva piena d’insidie: pericoli, rischi, considerati o vissuti emotivamente come futuro prossimo e remoto certo e inesorabile. Le attività cognitive previsionali delle pe

Comportamento e timidezza

Comportamento e timidezza

Pubblicato da: Categorie: I comportamenti degli ansiosi sociali e delle persone timide

Per comportamento s’intende quel che si fa e ciò che si dice. Tutti quanti noi, riusciamo in modo più o meno oggettivo, a interpretare i tipi di sentimenti, emozioni, disponibilità relazionale, condizione umorale; attraverso la mimica facciale, la postura, la gestualità, gli sguardi, il tono della voce, il modo di parlare. Questa riconoscibilità di stati d’animo, in parte è appresa per via esperienziale, e in parte è innata. 

Marc Chagall – io e il villaggio

Watzlawick afferma che non è possibile non comunicare: un individuo, qualunque cosa faccia, trasmette dei sensi e/o dei significati, e ciò indipendentemente dalla sua intenzionalità. Persino il non fare è comunicazione. Comunemente si usa dire che il comportamento si apprende ma, soprattutto, a essere appresa è la cognizione del comportamento. Benché l’ansia sociale sia una condizione mentale che fa riferimento a convinzioni interiori profonde (credenze) riguardanti sé stessi, gli altri e il mondo circostante, una persona ansiosa è riconoscibile – all’esterno – solo attraverso i suoi comportamenti. Ciò perché egli pone in essere il proprio percepirsi, o il percepire l’altro da sé, per mezzo di atteggiamenti corporei, azioni e linguaggio verbale.

Ogni comportamento costituisce l’espressione esterna di un processo cognitivo. Concretizza le scelte e quindi le decisioni del

La timidezza e il timore del contatto visivo

La timidezza e il timore del contatto visivo

Pubblicato da: Categorie: I problemi delle persone timide, La comunicazione, Le emozioni

Quasi tutte le persone timide, tra le situazioni che procurano loro ansietà, indicano quello di incrociare gli sguardi degli altri. Per molti è vissuto come rapporto di forza e, d’altra parte, per tanti, non riuscire a reggere lo sguardo altrui è dimostrazione di debolezza, talvolta costituisce uno di quei fattori che determinano i livelli gerarchici all’interno di un gruppo o nelle relazioni interpersonali. Probabilmente è anche il comportamento evitante più diffuso nella popolazione dei soggetti timidi.

Pellizza Giuseppe Da Volpedo – membra stanche

Gli occhi sono considerati uno strumento, per certi versi, diabolico. Appaiono ora come avidi lettori dell’intimità individuale, ora come comunicatori della profondità del nostro animo, ora come strumenti di sfida, di resa o di conciliazione.

La percezione di queste loro peculiarità fa degli occhi, organi da amare o temere. Nel caso degli individui afflitti da una qualche forma di ansia sociale, come la timidezza, gli occhi sono sostanzialmente da temere, proprio perché ritenuti capaci di andare al di là dei veli. Per una persona timida, incontrare lo sguardo di un altro individuo significa, , esporsi al suo sguardo indagatore, e giacché i timidi temono come la peste il giudizio altrui, essa vede nel contatto visivo un grave rischio di giudizio. Gli individui timidi vivono l’incrociare degli sguardi con un dup

La cognizione e il ruolo delle regole – parte seconda

La cognizione e il ruolo delle regole – parte seconda

Pubblicato da: Categorie: Il sistema cognitivo, Modelli cognitivi e metacognizioni nel pensare degli ansiosi sociali
PARTE II TORNA ALLA I PARTE Avendo funzioni regolanti e normative, le credenze intermedie si diversificano in diverse tipologie, ciascuna caratterizzata da una propria “sintassi”.  Le credenze condizionali hanno la caratteristica di governare i comportamenti stabilendone i modelli e le regole cui attenersi. 

Bruno Ceccobelli – serva natura

Influenzano significativamente, e in modo vincolante, il pensiero etico, soprattutto quando è riferito agli obblighi o alle necessità dei propri comportamenti, talvolta anche in relazione a quelli degli altri.  Costituiscono il nucleo organizzativo e direttivo del modo di vivere l’intero sistema delle relazioni sociali.

In particolare, afferiscono alle conseguenze del comportamento sociale in quanto oggetto di valutazione da parte di altri, producono pensieri riguardanti le possibili conseguenze negative di una cattiva performance del tipo “se dico la mia penseranno che sono un cretino”.  È per questo che vengono chiamate condizionali, stabiliscono la relazione tra un comportamento e gli effetti che ne possono conseguire, in tal senso costituiscono anche una logica previsionale che si può riassumere così: posta questa condizione, quest’insieme di situazioni, il mio comportamento deve essere questo se non voglio che le cose precipitano in negativo. La credenza secondo cui la propria credibilità e valore siano sottostanti alle valutazioni
Relazione tra ansia e comportamento

Relazione tra ansia e comportamento

Pubblicato da: Categorie: Funzionamento fisico della psiche e della mente, Le emozioni

Prima di addentrarmi in questa trattazione, penso sia bene chiarire la differenza tra ansia, comunemente intesa, e ansia sociale. Ho notato che spesso si fa confusione tra queste terminologie.

Savina Lombardo – timorosa emozione

L’ansia sociale è una categoria che raggruppa una pluralità di forme di disagio sociale e/o di disturbi psicologici; fenomeni che vanno dalla normalità alla patologia. Forme dell’ansia sociale sono, ad esempio, la timidezza, la fobia sociale, il disturbo evitante della personalità, forme intermedie o specifiche di questi disagi e altri fenomeni analoghi.

L’ansia è la reazione emotiva e fisiologica a eventi che mettono in allarme l’attività cognitiva. È dunque la risposta a una condizione mentale che prefigura dei rischi. È anche un sintomo che avvisa l’individuo quando accade una situazione che il sistema cognitivo considera pericoloso.

Quando l’ansia si attiva, crea un vortice in cui vengono trascinati i pensieri che vanno in fibrillazione e che conducono a comportamenti condizionati.

In questi casi il comportamento costituisce una reazione liberatoria dall’ansia.

Il soggetto timido, l’ansioso sociale, quando si manifesta l’ansia, avverte il bisogno di uscire da quella condizione viscerale di sofferenza fisiologica ed emotiva che può produrre vere e proprie crisi di panico.

Gli stessi as