Come avrete notato, da alcuni mesi, sto trattando di aspetti specifici e particolari, tipici delle forme di ansia sociale e dei disturbi dell’umore. Tutti questi aspetti, come quello di cui tratterò oggi, sono operativi nei comportamenti e sono impliciti in gran parte dei pensieri. In comune hanno il fatto di non raggiungere uno stadio di consapevolezza e nemmeno di coscienza, in parole povere, i soggetti ansiosi, e quindi anche le persone timide, non hanno la benché minima idea che nella loro mente vi siano di queste dinamiche mentali, né si rendono conto che i loro comportamenti obbediscono alle leggi di tali dinamiche.
Le persone afflitte dall’ansia sociale non fanno altro che tentare di proteggersi da quelle che considerano le conseguenze nefaste di ciò che sono convinti di essere, o delle carenze che ritengono di avere.
Le credenze disfunzionali, e cioè, quelle che ho più volte definito come interpretazioni emotive della realtà, condizionano a tal punto la vita pratica dei soggetti timidi e degli ansiosi sociali, da rendere la loro esistenza, una sorta d’incubo romanzato.
Queste inducono a percepire gli eventi, in qualità di soggetto sociale, come una selva piena d’insidie: pericoli, rischi, considerati o vissuti emotivamente come futuro prossimo e remoto certo e inesorabile. Le attività cognitive previsionali delle pe