I problemi di accettazione, competenza e controllo – prima parte

I problemi di accettazione, competenza e controllo – prima parte

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Prima Parte

Introduzione Nelle persone timide, e negli ansiosi sociali in generale, si attivano degli schemi cognitivi , in modo prolungato e ripetitivo, tali da poter essere considerate  modalità. In questi soggetti, tali modalità vertono sui principi di vulnerabilità e pericolo. Nel momento in cui, una credenza di base esprime una definizione del sé come deficitaria in uno o più ambiti delle proprie capacità o potenzialità, il soggetto timido si percepisce vulnerabile rispetto a quelle tipologie di eventi o situazioni che ne evocano le carenze. In altre parole possiamo dire che un individuo si sente vulnerabile quando si percepisce esposto a pericoli sui quali ritiene di non aver controllo o di non possedere adeguate capacità di controllo. Se le credenze di base rimandano al senso di inadeguatezza, questa si riscontra anche nei pensieri automatici negativi e, in questi, sono preminenti i temi di pericolo e sottovalutazione dei propri mezzi.

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Quando la persona timida si sente sbagliata

Quando la persona timida si sente sbagliata

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Le persone timide percepiscono chiaramente la propria diversità. Ciò risulta evidente, ai loro occhi, per la non conformità dei propri comportamenti rispetto a quelli comunemente adottati dagli altri, per gli obiettivi che non riescono a raggiungere ma che altri soddisfano normalmente, per le difficoltà che provano nel relazionarsi agli altri che questi non hanno, per la diversa qualità della vita tra essi e gli altri. I timidi vedono gli altri riuscire, laddove essi si bloccano, falliscono o pongono in essere strategie di fuga o evitamento. Confrontano continuamente i risultati propri con quelli altrui.

Joan Mirò – inverted

Nel misurare queste differenze, nel constatare questi diversi livelli o frequenza di successi, queste diverse abilità nel districarsi nelle situazioni sociali, gli ansiosi sociali si convincono che in loro c’è qualcosa che non va.

Quel qualcosa che non va tende a divenire un valore assoluto, e dunque, il riferimento non è più la singola specifica situazione, il particolare contesto, quel preciso aspetto di sé, quel determinato comportamento, ma la propria persona nella sua globalità, interezza.

Maggiore è il gap percepito, più forte è la tendenza a ritenersi diversi per “costituzione”, per natura, per indole innata.  Nel momento in cui la differenza tra sé e gli altri è concepita come dato costitutivo globale della persona, l’individuo t

La timidezza, l’ansia sociale e le assunzioni

La timidezza, l’ansia sociale e le assunzioni

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Le assunzioni costituiscono i principi e le norme cui devono ispirarsi i comportamenti e hanno la funzione di adattare questi ultimi alle determinazioni delle credenze di base.

Joan Miro – costellazione risveglio all’alba

Infatti, le credenze di base necessitano di strutture cognitive che determinano principi e condizioni che, da una parte le giustificano teoricamente ed emotivamente, dall’altra facciano da corollario al processo decisionale. Queste devono avere una parvenza logica, apparire perfettamente funzionali e razionali. Non a caso le persone afflitte da timidezza o ansia sociale applicano con convinzione le loro assunzioni disfunzionali, queste appaiono loro assolutamente logiche, razionali, assolutamente valide nella loro struttura funzionale. Le assunzioni possono essere espresse sotto forma di motto, di leitmotiv, di regole implicite, di norma condizionale, di obbligo, di precetto etico o morale, di aforisma, di parola d’ordine, di slogan, modi di dire, talvolta è tradizione familiare, in qualche caso è regola di gruppo; può persino esprimersi in forma immaginativa, d’immagine mentale.

Esse prendono parte alla vita di tutti gli individui ma, nel caso degli ansiosi sociali, dei timidi, assumono carattere imperativo, dominante, preminente, valore assoluto. Ciò fa si che le assunzioni, in tali soggetti, sono osservate e applicate in modo pedissequo e sistematico. 

L’organizzazione dei pensieri strutturali

L’organizzazione dei pensieri strutturali

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Nei precedenti articoli abbiamo visto che le credenze di base sono definizioni del sé, degli altri e del mondo; che hanno la funzione di informare la mente quando deve svolgere le sue attività elaborative di interpretazione, valutazione, previsione e decisione; che fa tale funzione per mezzo di modelli interpretativi della realtà; che tali modelli non sempre sono interpretazioni della realtà oggettiva e in tal caso non sono aderenti al reale. A ciò aggiungiamo che le credenze, in effetti, sono pensieri che hanno la caratteristica di essere “strutturali” del sistema cognitivo di base che ci permette di ragionare sulle cose in modo agevole, organico e funzionale. Viene da domandarsi cosa sia la mente, a tale quesito preferisco rispondere ricorrendo alla descrizione che ne fanno i neurobiologi Maturana e Varela nella loro teoria enattiva (o dell’autopoiesi) in cui definiscono la mente come un insieme di relazioni di relazioni, di interazioni tra relazioni “derivate” di fenomeni fisici nelle nostre strutture cerebrali, la cui complessità è tale da non poterli più definire come fenomeni “fisici” perché vanno oltre la semplice fisicità, perché capaci di astrazione, sono qualcosa d’altro, per l’appunto, “mentali”.

Ma torniamo al tema dei pensieri strutturali. La nostra mente non abbisogna soltanto di informazioni che definiscano sinteticamente il mondo che percepiamo, come lo sono le credenze di b

La cognizione e il ruolo delle regole – parte seconda

La cognizione e il ruolo delle regole – parte seconda

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PARTE II TORNA ALLA I PARTE Avendo funzioni regolanti e normative, le credenze intermedie si diversificano in diverse tipologie, ciascuna caratterizzata da una propria “sintassi”.  Le credenze condizionali hanno la caratteristica di governare i comportamenti stabilendone i modelli e le regole cui attenersi. 

Bruno Ceccobelli – serva natura

Influenzano significativamente, e in modo vincolante, il pensiero etico, soprattutto quando è riferito agli obblighi o alle necessità dei propri comportamenti, talvolta anche in relazione a quelli degli altri.  Costituiscono il nucleo organizzativo e direttivo del modo di vivere l’intero sistema delle relazioni sociali.

In particolare, afferiscono alle conseguenze del comportamento sociale in quanto oggetto di valutazione da parte di altri, producono pensieri riguardanti le possibili conseguenze negative di una cattiva performance del tipo “se dico la mia penseranno che sono un cretino”.  È per questo che vengono chiamate condizionali, stabiliscono la relazione tra un comportamento e gli effetti che ne possono conseguire, in tal senso costituiscono anche una logica previsionale che si può riassumere così: posta questa condizione, quest’insieme di situazioni, il mio comportamento deve essere questo se non voglio che le cose precipitano in negativo. La credenza secondo cui la propria credibilità e valore siano sottostanti alle valutazioni
La cognizione e il ruolo delle regole – 1° parte

La cognizione e il ruolo delle regole – 1° parte

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parte prima

Nel momento in cui nella mente si forma uno schema interpretativo della realtà sociale, sia riferito a sé stessi, sia riferito agli altri, sia riferito alla società come insieme regolato da leggi etiche e comportamentali, sorge la necessità di determinare tutta una serie di linee guida che possano indirizzare il comportamento e il pensiero in un percorso coerente allo schema interpretativo sottostante.

Alessio Serpetti – Il Crepuscolo della ragione

In breve, i comportamenti da attuare e le modalità di pensiero da esperire, devono essere aderenti e coerenti con gli schemi interpretativi degli eventi. Ciò diventa necessario in quanto un modello interpretativo necessita della conferma della sua validità attraverso l’attuazione pratica dell’idea che esprime. Nello stesso tempo il sistema cognitivo, nel suo processo di elaborazione delle informazioni, costruisce un sistema logico che non può non prescindere dalle informazioni primarie che ha attinto dalla memoria, e cioè dagli schemi interpretativi.

Tutto ciò significa che, data una credenza di base, a questa devono far seguito costrutti che siano una sua coerente elaborazione logica che delinei gli elementi attuativi e regolanti destinati a ispirare i comportamenti. Il loro compito, dunque, è quello di determinare delle regole in conformità con l’idea di base che si è costituita nella mente e che riguardano la def

Viaggio alle radici della timidezza: il livello gerarchico di pensieri II p

Viaggio alle radici della timidezza: il livello gerarchico di pensieri II p

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PARTE SECONDA

Paul Delvaux – la scala

La funzione delle credenze di base e intermedie, nasce dalla necessità dell’uomo di dare senso alle cose e alle esperienze, e di organizzarle in modo coerente, in modo da poter essere le più adattive possibili, garantendo così le migliori condizioni di vita. Perché una credenza di base possa avere seguito e concretizzarsi nei comportamenti, ha bisogno di altri pensieri, capaci di trasferire il significato originario, in una pluralità di modelli cognitivi, capaci di adattarsi ai contesti della vita sociale. Questa funzione è svolta dai pensieri disposti nel secondo livello gerarchico, le credenze intermedie, che pure sfuggono all’attenzione dello stato cosciente dell’individuo.

La loro, è una funzione sostanzialmente disciplinante, devono determinare le regole del gioco e, al tempo stesso, dovendosi adattare alla variabilità e alle numerose configurazioni degli eventi reali, devono anche interagire in modo variegato.  Tale diversificazione è assicurata dagli stili del pensiero, infatti, essi si presentano sotto la forma di motti, leitmotiv, precetti, condizionali, doverizzazioni, assunzioni che possono avere carattere perentorio, e/o concettuale. A questi sono poi da aggiungere altre forme di pensiero che determinano le modalità del ragionare. Tra queste ultime troviamo anche le distorsioni cognitive, schemi del ragionare viziati da pulsioni e

Viaggio alle radici della timidezza: il livello gerarchico di pensieri 1° P

Viaggio alle radici della timidezza: il livello gerarchico di pensieri 1° P

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PARTE PRIMA

In questa trattazione, mi riferirò all’insieme di pensieri inerenti l’individuo in relazione ai contesti sociali; del sé sociale rispetto a se stesso e agli altri. In breve a quei pensieri che, in modo diretto o indiretto, hanno a che fare con il mondo delle relazioni umane, in tutte le sue manifestazioni.

L’intero dominio cognitivo è basato sui pensieri, ma non tutti quelli che passano per la nostra mente, sono oggetto della nostra attenzione cosciente.

Paul Delvaux – la citta inquieta

Quando parlo di pensiero inconscio, mi riferisco proprio a questa categoria di pensieri. Non che essi non siano reperibili, riconducibili alla nostra attenzione cosciente e/o consapevole; solo non abbiamo appreso il modo di individuarli.

Questa difficoltà è data dal fatto che essi si manifestano in modo “subdolo”, tra le righe di altri pensieri, nelle “contorsioni” del nostro linguaggio, sotto forma d’immagini, fantasie visive, si nascondono nel nostro stile di verbalizzare e/o di percepire ciò che si pone alla nostra attenzione. Inoltre, producono altri pensieri collegati e conseguenti, e questi, finiscono col sostituirsi a quelli che li hanno preceduti, non in modo semplicemente formale, ma anche in termini di sensi e di significati.

I pensieri derivati che si sostituiscono a quelli originari, non modificano sensi e significati