La formazione delle credenze nelle ansie sociali – II parte

La formazione delle credenze nelle ansie sociali – II parte

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SECONDA PARTE 

Una credenza continuamente rinforzata diventa rigida e sempre più resistente al cambiamento. A una maggiore rigidità di una credenza corrisponde una sempre minore aderenza alla realtà e, quindi, a una sua maggiore disfunzionalità.

Paul Klee – Tappeto del ricordo

Un sistema cognitivo che possa fronteggiare gli eventi con efficacia e raggiungere gli scopi, deve necessariamente essere flessibile, capace di adattarsi al mutare delle condizioni, di aggiornarsi e modificarsi, ciò per avere una sempre maggiore capacità di individuare una pluralità d’interpretazioni e soluzioni. Questo è quel che accade nella normalità. Dato che le credenze di base si formano ben prima dell’adolescenza, l’infante o fanciullo/a si trova ad avere scarse capacità di invalidare la traduzione in chiave negativa delle esperienze che vive.

Ciò perché il cervello non ha ancora raggiunto quel livello di sviluppo che gli permette di sviluppare un pensiero astratto complesso compiuto e un’analisi dialettica degli eventi. In pratica, non è nelle condizioni di potersi difendere dalle cognizioni inadeguate.  (altro…)

La formazione delle credenze nelle ansie sociali – I parte

La formazione delle credenze nelle ansie sociali – I parte

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PRIMA PARTE

Per raggiungere i propri scopi, fronteggiare gli eventi, comprendere, dare senso e significato agli stimoli che pervengono alla nostra attenzione e ai nostri sensi, la mente umana si organizza formando un archivio di descrizioni e definizioni della realtà.

Roberta Cavalleri – suspended reality

Si tratta di un processo che inizia sin dalla nascita (alcuni ipotizzano che possa cominciare già nel ventre materno). Si ritiene che i primissimi anni di vita siano sufficienti per la formazione di una struttura di base del sistema cognitivo. In questo modo la mente archivia, in memoria, dati di conoscenze di base che poi utilizza in tutte le sue attività elaborative per:

Interpretare e valutare le esperienze, le situazioni, gli eventi, gli stimoli interni, le cose; Valutare le risorse disponibili, proprie ed esterne, per gestire al meglio, situazioni e attività; Valutare i possibili scenari che possono verificarsi in funzione delle scelte ipotizzate; Decidere i comportamenti ritenuti più appropriati per gestire efficacemente le esperienze.

Questi dati di conoscenza, in pratica, sono dei modelli di riferimento interpretativi di sé, degli altri, del mondo. Sono le cosiddette credenze. Si dispongono a diversi livelli di coscienza e gerarchie che ne caratterizzano le funzioni. Quelle di base sono inconsc

La paura di soffrire dentro

La paura di soffrire dentro

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La sofferenza comporta emozioni forti che nessuno di noi vorrebbe mai provare. Dobbiamo, però, fare i conti con la condizione umana, gli eventi e le circostanze che si verificano nostro malgrado, talvolta, assolutamente estranei alla nostra persona.

Henry Fuseli. The Nightmare

Sull’inevitabilità della sofferenza sono già stati scritti fiumi di parole, sia nel campo scientifico, sia in quello artistico.

Essenziale, per far fronte alla sofferenza, è l’atteggiamento di accettazione. Nella vita reale, e in tutte le culture e le epoche storiche, i comportamenti messi in campo per evitare la sofferenza sono particolarmente graditi e praticati. C’è, però, una linea di confine oltre la quale i comportamenti di evitamento della sofferenza assumono carattere decisamente patologico. Nelle ansie sociali, l’evitamento della sofferenza, assume i connotati dell’antiscopo. Si evita il raggiungimento di scopi desiderati per evitare che il loro perseguimento possa comportare sofferenza.

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Timidezza e demotivazione al cambiamento

Timidezza e demotivazione al cambiamento

Pubblicato da: Categorie: Affrontare l’ansia sociale e la timidezza

Quando Carl Rogers teorizzò la terapia centrata sul cliente, si pose anche il problema della motivazione per far fronte alla resistenza al cambiamento, e ideò il dialogo motivazionale. Da un po’ di tempo, la terapia cognitivo comportamentale sta implementando, nelle proprie pratiche, il dialogo motivazionale.

Pablo Picasso – lo spavento

Impegno e motivazione sono strettamente collegati. Senza motivazione non c’è l’impegno.

Il problema, a mio parere, sorge da un conflitto tra ragione razionale e ragione emotiva, cioè tra la nostra razionalità cosciente e gli impulsi emotivi derivanti da quella parte del sistema cognitivo che è disfunzionale, e attiva i suoi strumenti di difesa o di aggiornamento, i cosiddetti stili di crescita della conoscenza. In condizioni normali, gli stili di crescita della conoscenza, fungono come strumento di adeguamento delle cognizioni per renderle più aderenti al mondo reale; e ciò è possibile quando le credenze sono elastiche.  Infatti, in tali casi, il sistema cognitivo non viene a trovarsi mai con un vero e proprio vuoto interpretativo oppure, se capita, è per un tempo ragionevolmente breve, tale da non compromettere le possibilità di risposta agli stimoli.  Purtroppo, negli ansiosi sociali, determinate credenze, quelle disfunzionali, quelle che si sono formate come interpretazioni emotive del reale, a scapito dell’interpretazione oggett

Timidezza, ansie sociali e cognizione

Timidezza, ansie sociali e cognizione

Pubblicato da: Categorie: Il sistema cognitivo
In psicologia, per cognizione s’intende, per una parte, la facoltà di assumere informazioni sul proprio ambiente, di immagazzinarle, studiarle, farne valutazioni, elaborarle, modificarle; dall’altra l’atto stesso del conoscere.

schema della attività cognitiva

La finalità ultima della cognizione è di permettere all’organismo di adattarsi all’ambiente o di modificarlo in funzione dei propri scopi, bisogni e necessità. Al  tempo stesso ha anche la funzione di adattare sé stessa per il raggiungimento degli obiettivi.

Pertanto la cognizione è la capacità che ci permette di interpretare il mondo reale e di acquisirne consapevolezza. Essa è, dunque, attinente al dominio della   descrizione. Intesa come facoltà, la cognizione è un insieme di funzioni che determinano l’attività della nostra mente, quali il ragionamento, l’intelligenza, la percezione, il linguaggio, la memoria a lungo e breve termine, il sapere, il pensare. Quando l’interazione tra le funzioni della cognizione, è rivolta verso sé stessa, si ha un salto di livello: essa è capace di auto analizzarsi e auto direzionarsi. Questa forma più complessa di cognizione è chiamata metacognizione. È, allo stesso tempo, un costrutto teorico e uno strumento di apprendimento. È attraverso la metacognizione che possiamo indagare sui nostri pensieri. In quanto costrutto teorico ci permette di riflettere sul fenomeno conosc
La timidezza e il problema dell’identità

La timidezza e il problema dell’identità

Pubblicato da: Categorie: Il sistema cognitivo, Modelli cognitivi e metacognizioni nel pensare degli ansiosi sociali

Ogni persona pensa a sé stessa in funzione dei propri convincimenti profondi che riguardano la definizione del sé, degli altri e del mondo sociale (credenze di base), nonché i criteri di affrontamento sociale e le regole di comportamento (credenze intermedie). 

Frida Kahlo – la colonna spezzata

Queste determinano il modo di percepire la propria persona, pertanto, un individuo si attribuisce un’identità condizionato da tale percezione. In ogni forma di ansia sociale l’auto assegnazione dell’identità è influenzata da credenze disfunzionali che sono interpretazione emotiva della realtà, in cui le definizioni del sé, sfociano nella negazione di prerogative positive e delineano gradi e campi d’inadeguatezza. La persona timida è oggetto di credenze che possono riguardare: 

L’inabilità nella gestione delle relazioni sociali;  L’incapacità a far fronte, con efficacia, nelle situazioni in cui si è soggetti sociali;  La non amabilità;  Il non essere interessante e/o attraente come persona agli occhi degli altri;  L’essere inferiore ad altri, a vario titolo.

Nell’attribuirsi la propria identità, l’individuo timido subisce il condizionamento della percezione negativa del sé sociale. Egli si assegna valenze negative. Se l’attribuzione d’identità è un trasferimento di significato, l’assunzione dell’identità rappresenta il riconoscimento di tale signific

Le ansie sociali e la lettura del pensiero

Le ansie sociali e la lettura del pensiero

Pubblicato da: Categorie: Modelli cognitivi e metacognizioni nel pensare degli ansiosi sociali

È forse la distorsione cognitiva più comune cui ricorrono le persone. Questo fenomeno chiamato “lettura del pensiero”, è in uso a tutti, ma, chi è afflitto da disagi sociali o da disturbi mentali, fa, di questa modalità del pensare, un uso esagerato, in certi casi, drammaticamente spropositato. Nella timidezza è una modalità cognitiva che spesso assume carattere di sistematicità.

Oscar Kokoschka – la visitazione

In condizioni normali, la lettura del pensiero assume la forma di una supposizione formulata sulla base di trascorse esperienze dirette e oggettive e, in tanti casi, può anche corrispondere al vero.

Il problema nasce quando si esce fuori dalla consapevolezza del valore ipotetico della supposizione. L’ipotesi si sostituisce alla certezza determinando una distorsione nel processo cognitivo di elaborazione del pensiero. Da processo razionale si passa a uno emotivo.

L’uomo non possiede la capacità di leggere nel pensiero altrui.  Quando ricorriamo a questa distorsione logica, e quindi fuori dal suo alveo ipotetico, vi è un ampio ventaglio di emozioni, con le loro sotto espressioni, che concorrono nell’induzione a questo modo del pensare: rabbia, paura, colpa, confusione, incertezza, debolezza, inadeguatezza, disgusto, amore, forza, speranza, sfiducia. Nelle persone timide il ricorso a questa distorsione cognitiva, è dettata soprattutto dal problema del cont

La condizione immatura

La condizione immatura

Pubblicato da: Categorie: Funzionamento fisico della psiche e della mente, Il sistema cognitivo

Quando gli schemi cognitivi si formano prima dell’età adolescenziale, anche se restano latenti, abbiamo a che fare con credenze di base che sono andate a formarsi in età nelle quali il livello di sviluppo del cervello, non è sufficiente a far rendere cosciente il soggetto dei limiti della convinzione che va costruendo; età nelle quali non è possibile cogliere la validità, relatività e contestualità di quelle interpretazioni che accettano e che assumono come proprie.

Max Ernst – due bambini minacciati da un usignolo

È il caso della gran parte delle persone timide e degli ansiosi sociali in generale. Ciò è tanto più vero, quanto minore è l’età del soggetto. Per comprendere meglio il significato di quanto affermato, farò qualche passo indietro per accennare brevemente la fase di sviluppo delle capacità intellettive dell’uomo.  Prima dei quattro anni, il bambino è in una fase pre-concettuale, a qualsiasi cosa che giunge alla sua attenzione, egli attribuisce vita animata. Prima dei sette anni, conferisce alle cose proprietà intrinseche e, non avendo ancora sviluppato la capacità di pensare in modo deduttivo e induttivo, a quanto non riesce a dare una spiegazione, gli conferisce significati e sensi in modo emotivo; per fare un esempio, se gli si dice che è stupido o che è cattivo, assume tali dichiarazioni come caratteristiche proprie e innate: la sua mente forma credenze di b

I problemi di accettazione, competenza e controllo – seconda parte

I problemi di accettazione, competenza e controllo – seconda parte

Pubblicato da: Categorie: Modelli cognitivi e metacognizioni nel pensare degli ansiosi sociali
Alla 1° parte Seconda Parte Il problema della competenza

Se una credenza di base di un ansioso sociale è inerente a un’idea di inferiorità, di incapacità, di inabilità in uno o più campi dell’attività umana, il suo problema principale è quello della  competenza.

Giacomo Balla – il linguaggio interrotto

L’origine ambientale  di questo problema può scaturire da varie cause: 

la più frequente è quella dell’essere messi a confronto con altri membri della famiglia  o con estranei presi come esempi da seguire;  dall’essere più volte etichettati come incapaci, deficienti, cretini o con altre terminologie o frasi del genere;  a una sorta di sentimento di inferiorità generale della famiglia rispetto alle altre, dovute  ad esempio, alle  condizioni sociali, alla religione o all’etnia  di appartenenza;  da carenze oggettive, ripetuti insuccessi o insufficienze in determinate attività;  l’avere avuto poche occasioni di successo o di gestione efficace di situazioni.

In una persona timida che vive il problema della competenza ogni evento, ogni situazione  che attiva credenze di inadeguatezza, genera il timore dell’insuccesso cui si ispirano le sue attività di previsione.  (altro…)

I problemi di accettazione, competenza e controllo – prima parte

I problemi di accettazione, competenza e controllo – prima parte

Pubblicato da: Categorie: Modelli cognitivi e metacognizioni nel pensare degli ansiosi sociali

Prima Parte

Introduzione Nelle persone timide, e negli ansiosi sociali in generale, si attivano degli schemi cognitivi , in modo prolungato e ripetitivo, tali da poter essere considerate  modalità. In questi soggetti, tali modalità vertono sui principi di vulnerabilità e pericolo. Nel momento in cui, una credenza di base esprime una definizione del sé come deficitaria in uno o più ambiti delle proprie capacità o potenzialità, il soggetto timido si percepisce vulnerabile rispetto a quelle tipologie di eventi o situazioni che ne evocano le carenze. In altre parole possiamo dire che un individuo si sente vulnerabile quando si percepisce esposto a pericoli sui quali ritiene di non aver controllo o di non possedere adeguate capacità di controllo. Se le credenze di base rimandano al senso di inadeguatezza, questa si riscontra anche nei pensieri automatici negativi e, in questi, sono preminenti i temi di pericolo e sottovalutazione dei propri mezzi.

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