La timidezza e la difficoltà nell’esprimersi

La timidezza e la difficoltà nell’esprimersi

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  Quando una persona timida dice “non mi so esprimere”, ci informa, implicitamente, di quattro cose: Ha un atteggiamento giudicante di sé stessa, in senso negativo. Ha la tendenza ad auto svalutarsi facendo, emergere una bassa autostima. Non conosce a sufficienza modelli d’interazione sociale. Ci informa di una probabile storia personale vissuta in un ambiente inadeguato a trasmettere abilità sociali.

Celiberti Giorgio – civiltà

La difficoltà nell’esprimersi può essere originata da diversi fattori, spesso compresenti e interagenti tra loro. In certi casi, tra questi fattori, vi può essere anche una relazione causale che implica componenti originari e indotti.

L’apprendimento di modelli d’interazione, cioè di abilità sociali è, forse, l’aspetto più diffuso tra le cause che conducono i soggetti timidi ad avere difficoltà nell’esprimersi. L’apprendimento si acquisisce nell’interazione sociale, per via emulativa, per similitudine, per mezzo di esempi, per prova ed errore, come trasmissione culturale. L’intera fascia temporale, che va dalla prima infanzia all’inizio dell’adolescenza, è essenziale per l’assimilazione di modelli d’interazione funzionali all’adattamento efficace alla vita sociale. Una famiglia carente nei comportamenti assertivi, oppure repressiva, o iperprotettiva, o con gravi problemi d’inserimento sociale, oppure disastrata al pr
L’aspetto cognitivo del non sapersi esprimere – seconda parte

L’aspetto cognitivo del non sapersi esprimere – seconda parte

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VA ALLA PRIMA PARTE Seconda Parte   Il sentirsi inabile nell’esprimersi, fenomeno tutto cognitivo, ha come conseguenza visibile, l’inibizione ansiogena. 

Marco Landi aka Tenax – dentro il mio silenzio

Quest’ultima scaturisce da un turbinio di pensieri automatici negativi che, in quanto tali, tendono a sfuggire alla presa d’atto dello stato cosciente e possono presentarsi anche sotto forma d’immagine mentale. 

I pensieri automatici negativi rappresentano la sintesi cognitiva finale di un processo che coinvolge credenze e metacognizioni, una volta che pervengono alla mente, attivano diverse aree del nostro cervello.  L’amigdala, centro nevralgico che controlla le nostre emozioni, genera il sentimento della paura. Di conseguenza la mente produce la sopravvalutazione del rischio e delle minacce. In questo stato emotivo, anche la pur minima probabilità che possa accadere qualcosa di spiacevole, appare più che una semplice possibilità, diventa l’unica ipotesi plausibile, una certezza.  L’ipotalamo, che ha la capacità di porre l’organismo in stato di allerta e predisporlo alla fuga o alla lotta, attiva i sintomi dell’ansia fisiologica che, normalmente, svolge la funzione di sentinella di allerta ma che, in una persona ansiosa, ha l’effetto di un terremoto. In queste situazioni, l’individuo timido, convoglia tutta l’attenzione dell’attività cognitiva, sull’esistenz
L’aspetto cognitivo del non sapersi esprimere – prima parte

L’aspetto cognitivo del non sapersi esprimere – prima parte

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Prima Parte La difficoltà nell’esternare emozioni o sentimenti, a partecipare attivamente nelle conversazioni, a esprimere in modo compiuto principi, concetti, pensieri e idee, è uno dei problemi principali che si riscontra nelle persone timide, e negli ansiosi sociali in generale. È un problema che può essere causato da diversi fattori che, in molti casi, sono coesistenti.

Paul Delvaux – l’ enigma

Hanno tutti un comune denominatore: una o più credenze di base che delineano una definizione del sé come persona incapace, oppure inabile nelle relazioni o nei comportamenti in generale, o anche inferiore agli altri. In breve credenze che rimandano a un’idea d’inadeguatezza della propria persona.

Alberto fa scena muta nelle conversazioni tra amici, al punto che, oramai, in quelle situazioni, la sua mente vaga per conto proprio, fuori da ogni contesto relativo alla discussione in atto. Marina sente di non avere niente da dire, ne soffre, ma proprio non sa cosa potrebbe dire, e la sua autostima cala sempre di più. Michele pensa che sono tutti troppo più intelligenti di lui, è convinto che se aprisse bocca direbbe solo cose non all’altezza della situazione.

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Utilità e danno delle conversazioni banali

Utilità e danno delle conversazioni banali

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Molte volte incontrando un conoscente si esordisce con frasi del tipo: “Ciao, come stai?”, “hai visto che bella giornata?”, “come vanno le cose?”, “tutto bene?”; così come sovente le conversazioni vertono su argomenti leggeri come lo sport, il cinema, il clima, il pettegolezzo.

Il linguaggio verbale non sempre ha lo scopo di esprimere sensi e significati, idee e pareri. Ad esempio, nel caso delle tipiche frasi d’esordio, il linguaggio verbale è proteso a stabilire un contatto, a rompere il ghiaccio, a trasmettere il desiderio di relazione, in questi casi il contenuto dell’escursione verbale equivale a implicite dichiarazioni d’intenti, di apertura all’esterno, di disponibilità, pertanto quel che si dice, ha un’importanza relativa, oppure non l’ha affatto, perché lo scopo è di dare l’avvio ad una situazione relazionale.

Le cose sono diverse a conversazione già iniziata. Gli argomenti leggeri sussistono per una serie di condizioni:

Pompei – Villa del Cicerone

Quando parte o tutti i soggetti relazionanti sono orientati a vivere momenti di svago o relax.  Quando c’è una scarsa conoscenza degli interlocutori; in tal caso risulta difficile individuare gli argomenti graditi agli altri.  Quando gli individui presenti sono psicologicamente restii ad esprimere pareri, emozioni o sentimenti.  Quando l’introduzione di un