Quando si vede falsità e ipocrisia intorno a sé – II parte
Quando, in un individuo timido, il timore diventa quasi un’ossessione, qualsiasi cosa dicano o facciano gli altri, egli lo interpreta come indirizzata alla sua persona, e non è percepita in modo generico: gli occhi, le parole e i pensieri degli altri, hanno caratteristiche ben precise, sono sfottò, sono derisioni, sono disprezzi, sono cattiverie.
Nel momento in cui gli ansiosi sociali assumono queste logiche interpretative, anche i loro comportamenti (ciò che si dice e ciò che si fa) risentono di tale modalità percettiva, determinando un ulteriore distacco tra sé e il mondo sociale. Gli altri, che certo non hanno il potere di leggere nel pensiero altrui, sono, in un certo senso, incentivati a distanziarsi da essi. Le persone timide, loro malgrado, si escludono da sole perché sono in balia dei pensieri automatici negativi, che pervadono – sinistre – la loro mente, e delle loro paure.
Pensieri e timori che, oltre a rinforzare le credenze disfunzionali, conducono a comportamenti disadattivi.
Quando gli schemi cognitivi e i comportamenti, così delineatesi, producono i disadattamenti sociali e conseguenze derivanti, di colpo, gli altri appaiono come individui orientati a fare del male, a godere delle sofferenze altrui. I loro linguaggi e comportamenti, persino se benevoli, sono interpretati come falsità e ipocr