Le metacognizioni come stile di pensiero nella timidezza

Le metacognizioni come stile di pensiero nella timidezza

Pubblicato da: Categorie: Modelli cognitivi e metacognizioni nel pensare degli ansiosi sociali
Col termine “esperienza” intendiamo:  tutto ciò che si sta provando materialmente, fisicamente;  tutto ciò che si sta sentendo o percependo come atto, materiale o immateriale, che giunge alla nostra coscienza;  tutte le sensazioni, il sentire, emozioni e sentimenti che stiamo provando in noi stessi.

Silvano Bruscella – altro lato

In altri termini, l’esperienza è conoscenza diretta di una determinata realtà, materiale o immateriale, acquisita in modo personale attraverso l’osservazione, l’interpretazione, la pratica o l’uso della realtà stessa.

La metacognizione di un dato di conoscenza si ha quando l’attività di pensiero va oltre la presa d’atto dell’esperienza stessa, quando, in relazione a essa, la mente avvia un processo di esame e riesame. 

Quindi, la metacognizione è andare oltre la semplice cognizione. Dato che la metacognizione è un’attività di pensiero, i pensieri che la costituiscono sono meta pensieri.

Faccio qualche esempio per chiarire meglio il concetto: se sto pensando al comportamento che ho avuto in una determinata circostanza, il processo di analisi e valutazione che andrà a far parte della mia conoscenza, è una metacognizione. Se sto meditando su come disporre la mia mente nel valutare le mie esperienze, di approcciarmi mentalmente a un problema, sto svolgendo un’attività metacognitiva. Se penso che la preoccupazione sia una p
Quando timidezza o ansia sociale produce modi di pensare disfunzionali – seconda parte

Quando timidezza o ansia sociale produce modi di pensare disfunzionali – seconda parte

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Seconda parte alla prima parte

Per dare l’idea di come possa formarsi un modo di pensare disfunzionale, ricorrerò al caso di un ragazzo cui era stata diagnosticata la fobia sociale. Non aveva il coraggio di avvicinarsi alle persone per interloquire con loro.

Luigi De Gennaro – la scelta

R: insomma, non ho il coraggio di avvicinarmi alle persone e parlare con loro, figuriamoci poi con le ragazze. D: cosa ti viene in mente in quei momenti? R: beh, che vado li a rompergli le scatole. Insomma, è se gli do fastidio? D: è come fai a sapere che gli dai fastidio se non ti avvicini e glielo chiedi? R: si, ma se lo faccio e gli do fastidio, mi sarò comportato da cafone e avrò fatto proprio quello che volevo evitare. D: e se non dai loro fastidio? Se a loro sta bene la tua presenza? R: si ma c’è sempre la possibilità che gli do fastidio. D: È possibile, ma può essere vero anche il contrario. Non pensi che così, alla fine, finisci che non comunichi mai con nessuno? Che resti sempre da solo? È utile alla tua vita, questo evitare? R: (con tono ed espressione visiva infastidita) Lei vuole reprimere la libertà di essere me stesso e di pensare con la mia testa. Non rinuncio alla mia dignità.

Qual’ è la dinamica di questo processo cognitivo?  (altro…)

Quando la timidezza produce modi di pensare disfunzionali – prima parte

Quando la timidezza produce modi di pensare disfunzionali – prima parte

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Prima parte

Ho più volte affermato che la timidezza, pur comportando pensieri negativi e/o disfunzionali, non implica, che ogni tipo di pensiero, o ogni ragionamento sia, necessariamente, disadattivo o irrazionale.

In realtà, i pensieri che risultano essere disadattivi o irrazionali sono soltanto quelli che sottendono schemi cognitivi disfunzionali e che, quindi, derivano da credenze di base inadeguate.

Francesco Vaglica – la scelta

Dato che la timidezza e altre ansie sociali esistono in quanto riferite al mondo delle relazioni sociali, ne discende che i pensieri, i modi di pensare e ragionare, condizionati dalle dinamiche psichiche di tali disagi o disturbi, sono solo quelli inerenti gli altri e i sistemi di relazione sociale. Tuttavia, nonostante la limitatezza del campo d’azione, l’umana capacità produttiva di costrutti ideali inerenti la sfera delle relazioni sociali, può esprimersi in quantità “industriali”. Gli schemi cognitivi disfunzionali coinvolti nelle dinamiche psicologiche, che possiamo riscontrare nelle persone timide sono capaci di indurre la elaborazione di veri e propri modi di pensare che possono assumere anche forme filosofiche, e collegarsi a principi oppure che attingono a valori collettivi. Questi costrutti ideali infecondi svolgono, come funzi