Quando parlare in pubblico diventa un problema
Spesso, quando una persona timida è in presenza di altre persone, o dinanzi una platea, il solo semplice atto del parlare diventa un problema. Sente montare l’ansia dentro di sé, le mani sudano, o cominciano a tremare, la paura ha il volto dell’inquietudine.
Luigi Zizzari – pubblico caino
Gli altri non sono percepiti come ascoltatori, bensì, come giudici intransigenti che non perdonano. Il timido radiografa sé stesso, alla ricerca di sintomi e di prove di una propria defaillance che sta per avvenire.
Se gli altri sono giudici, egli, vittima della morsa della timidezza, è il colpevole che sta per essere condannato.
Colpevole di cosa? Di ciò che egli stesso pensa di essere. Le persone timide sono vittime e prigioniere dell’idea che hanno di sé stesse. Come il ladro, che si sente in sé la colpa, vede poliziotti a ogni angolo, queste anime angosciate vedono riflettersi negli sguardi degli altri e, infine, nella loro mente, l’inadeguatezza che sentono di avere. Si percepiscono trasparenti agli occhi degli altri, quasi come se tutti gli uomini e le donne montassero lenti ai raggi x. La mente dei soggetti timidi, in queste situazioni, è pervasa da pensieri che non annunciano nulla di buono, che sono portatori di cattivi presagi. Pensieri che presto diventano invadenti: sono i pensieri automatici negativi, rappresentanti simbolici o metaforici di credenze be