L’ansia sociale e le percezioni negative di sé

L’ansia sociale e le percezioni negative di sé

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La timidezza si manifesta quando nella mente di una persona si forma e si memorizza, in modo radicato, una definizione negativa di sé stessi.

Elena Vichi – Shellshock – psicosi traumatica

Ciò è vero, non solo per la timidezza, ma anche per tutte le altre forme di ansia sociale. Relativamente ai problemi di ansia sociale, tali definizioni del sé, dette anche “credenze di base”, riguardano le proprie qualità e peculiarità come soggetto che interagisce nell’ambiente.  Queste, dunque, riguardano principalmente:

La capacità di far fronte con efficacia a eventi e situazioni che implicano sé stessi come soggetti sociali: situazioni e contingenze in ambiente lavorativo, scolastico e sociale in generale, performance di varia natura, relazionamento interpersonale. L’abilità di inserimento sociale , del rapportarsi agli altri e della comunicazione interpersonale. Essere o non essere attraenti come persona e suscitare interesse negli altri. Essere o non essere meritevoli di amore e accettazione sociale. possedere o no capacità o abilità per nascita.

Le credenze di base, per lo più, non raggiungono lo stato cosciente dell’individuo, ma in esso vi si manifestano per “vie traverse”, ad esempio, attraverso le paure (paura di fallire, di essere giudicati negativamente, di essere rifiutati, ecc.); attraverso il “sentirsi” (“mi sento stupido”, “ mi sento un fallito

Tipi di pensieri disfunzionali – parte terza

Tipi di pensieri disfunzionali – parte terza

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Terza Parte

Focalizzazione sul giudizio (distorsione cognitiva)

 Si considera se stesso, gli altri e gli eventi in termini valutativi (buono-cattivo, superiore-inferiore) anziché limitarsi a descriverli, accettarli o capirli. Si misura continuamente se stesso e gli altri, in base a standard arbitrari, concludendo che sono inferiori e focalizzandosi su queste conclusioni. “Non ce l’ho messa tutta all’università”, “se giocassi a tennis, non sarei bravo”, “guarda quanto successo ha lei. mentre io non sono una persona di successo”.

I MITI COGNITIVI

Il mito della modestia

Paul Delvaux – alla porta

L’essere modesti viene considerata una virtù, un obbligo morale. I soggetti che credono in questo mito, hanno difficoltà ad accettare i complimenti e non sanno rispondere verbalmente, in modo adeguato, quando vengono espressi. Ne risulta anche una difficoltà nel parlare di sé in termini positivi. Nei soggetti ansiosi, tutto ciò si traduce in un’attenzione rivolta verso i punti deboli della propria personalità, nel rafforzamento di idee negative di sé, nella giustificazione e nella valorizzazione delle critiche provenienti dall’esterno, viste anche come conferma di quanto si pensa già di sé stessi e questo anche quando esse non sono appropriate. La modestia r

Tipi di pensieri disfunzionali  –  seconda parte

Tipi di pensieri disfunzionali – seconda parte

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Seconda parte alla prima parte

La lettura del pensiero  

Ci si convince di sapere cosa sta pensando un altro senza avere la minima prova o evidenza; si crede di sapere che cosa pensano gli altri senza avere prove sufficienti.  Ad es. “sta pensando sicuramente che sono un idiota”, “tutti quanti mi guardano, stanno sicuramente pensando che sono ridicolo”, “sta pensando che sono un fallito”, “quando entro in una stanza, sono certo che i presenti pensano di me che sono noioso e che bisogna starmi lontano”, “le persone che cominciano a parlare con me, poi si allontanano perché pensano che sono poco interessante”, “pensa che io sia un perdente”. Questi pensieri, in una persona, si sviluppano quando l’attenzione si concentra sull’idea che gli altri lo hanno posto al centro del loro interesse, e sono intenti a valutarlo. 

L’etichettamento 

Salvador Dali – fantasie diurne

Consiste nell’applicare un’etichetta nel complesso della persona, sia verso sé stessi che verso gli altri, sulla base di eventi o azioni specifiche. Si stabilisce il carattere o il valore di un individuo senza valutare la persona nella sua globalità. Basta un dettaglio per affibbiare un’etichetta a un soggetto, indipendentemente dalle sue altre qualità, è come fare di tutta l’erba un fascio, è il caso di pensieri come: “Ho fatto quell’errore perché s

Tipi di pensieri disfunzionali  – prima parte

Tipi di pensieri disfunzionali – prima parte

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Prima Parte

I pensieri disfunzionali che, in qualche caso possono anche contenere un fondo di verità, inducono, negli ansiosi sociali e nelle persone timide, ragionamenti dal carattere categorico; assumono, quasi sempre, valore assoluto. Per lo più si manifestano nei pensieri automatici negativi, in alcuni casi sono espressione di credenze intermedie, regolanti o condizionali.

Distorsioni cognitive

Salvador Dali – nascita dei desideri liquidi

Il pensiero dicotomico 

È il ragionare per estremi, senza soluzioni intermedie, o nero o bianco, si considera gli eventi o le persone in termini di tutto o nulla. “Nessuno mi vuole”, “È stata una totale perdita di tempo”,  “se faccio anche solo un minimo errore, perdo la faccia, penseranno che sono un idiota”. Il pensiero dicotomico conduce alla radicalizzazione dell’interpretazione degli stimoli sia esterni che interni, nella valutazione dei fenomeni o degli eventi, nella previsione degli esiti susseguenti all’evento, nella determinazione dei comportamenti da attuare. Tutto ciò comporta una rigidità del ragionamento e dei comportamenti conseguenti. L’inferenza arbitraria  (altro…)

Le forme dei pensieri automatici

Le forme dei pensieri automatici

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Quando un pensiero, collegato a una determinata tipologia di situazioni, viene svolto in modo reiterato nella mente, acquisisce il carattere di automaticità.

Joan Mirò – mirar

Quando un individuo è esposto a stimoli, esterni o interni, che presentano o ripresentano quella stessa tipologia di situazioni, circostanze o stati emotivi, per i quali si è determinata un’associazione tra queste e il pensiero automatico, quest’ultimo si attiva.

Un pensiero automatico non è associato soltanto alle situazioni che possono verificarsi, ma è associata anche a, una o più, credenze di base e a, una o più, credenze intermedie. Anche queste sono pensieri, ma strutturati in forma di modello interpretativo. Il collegamento tematico, tra credenze e pensieri automatici, è un concatenamento per derivazione.

Un insieme così strutturato e tematico costituisce uno schema cognitivo. Questa breve premessa c’è utile per rendere chiara l’idea di cosa tratterò in quest’articolo. Riguardo a tali relazioni, non mi prolungo ulteriormente, visto che ne ho ampiamente trattato nel mio articolo “il livello gerarchico dei pensieri”. Come si presentano alla nostra mente i pensieri automatici? (altro…)

Le ansie sociali e la lettura del pensiero

Le ansie sociali e la lettura del pensiero

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È forse la distorsione cognitiva più comune cui ricorrono le persone. Questo fenomeno chiamato “lettura del pensiero”, è in uso a tutti, ma, chi è afflitto da disagi sociali o da disturbi mentali, fa, di questa modalità del pensare, un uso esagerato, in certi casi, drammaticamente spropositato. Nella timidezza è una modalità cognitiva che spesso assume carattere di sistematicità.

Oscar Kokoschka – la visitazione

In condizioni normali, la lettura del pensiero assume la forma di una supposizione formulata sulla base di trascorse esperienze dirette e oggettive e, in tanti casi, può anche corrispondere al vero.

Il problema nasce quando si esce fuori dalla consapevolezza del valore ipotetico della supposizione. L’ipotesi si sostituisce alla certezza determinando una distorsione nel processo cognitivo di elaborazione del pensiero. Da processo razionale si passa a uno emotivo.

L’uomo non possiede la capacità di leggere nel pensiero altrui.  Quando ricorriamo a questa distorsione logica, e quindi fuori dal suo alveo ipotetico, vi è un ampio ventaglio di emozioni, con le loro sotto espressioni, che concorrono nell’induzione a questo modo del pensare: rabbia, paura, colpa, confusione, incertezza, debolezza, inadeguatezza, disgusto, amore, forza, speranza, sfiducia. Nelle persone timide il ricorso a questa distorsione cognitiva, è dettata soprattutto dal problema del cont

La timidezza e il variegato mondo dei pensieri automatici

La timidezza e il variegato mondo dei pensieri automatici

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Quando un tipo di pensiero diventa abituale comincia a manifestarsi in maniera automatica.

Per usare una metafora potremmo descriverli come delle routine in un programma per computer: la mente vi ricorre economizzando sul processo elaborativo nella costruzione del pensiero.

Fatima Azimova – my abs

Il carattere automatico di tali pensieri fa sì che essi possano svolgersi nella mente in modo molto rapido, tanto da sfuggire facilmente e sistematicamente all’attenzione del nostro stato cosciente.

La difficoltà di ricordarci o renderci conto del passaggio di un pensiero automatico per la nostra mente, è ulteriormente favorita dal fatto che può presentarsi anche sotto forma d’immagine o di un rapido puro atto di coscienza.

I pensieri automatici si presentano alla mente di tutte le persone, tutti abbiamo queste “routine” che passano per la nostra testa, e tutti abbiamo difficoltà a ricordare di aver avuto questi pensieri, a essere coscienti del loro passaggio.  Questo, non solo per la rapidità con cui si presentano, ma anche per il fatto che mentalmente siamo, in un certo senso, costantemente distratti.  Tutto ciò che costituisce una routine, un’abitudine, che riempie la nostra quotidianità, viene vissuta da noi in modo “distratto”, cioè non dirigiamo la nostra attenzione su queste cose. Possiamo facilmente renderci conto di questo fenomeno se pensi

La commistione tra fatti, pensieri ed emozioni

La commistione tra fatti, pensieri ed emozioni

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Già Epitteto, nel primo secolo d.C., affermava che le persone sono turbate dall’interpretazione che danno alle cose, piuttosto che dalle cose stesse. Un concetto ripreso più tardi anche dall’imperatore e filosofo Marco Aurelio. Cosa contiene di così importante, questa semplice affermazione? 

Bortolossi Walter – cerchio vortice

Da una parte ci sono i fatti puri, semplici e concreti, dall’altra c’è il nostro modo di intendere quei fatti.  Noi assegniamo sensi e significati agli eventi, alle situazioni, ai comportamenti altrui e, a questi ultimi, anche le intenzioni.  Tali attribuzioni di significati, sensi e intenzioni non sono soltanto determinate dalla nostra storia individuale, dalle nostre conoscenze e dalle nostre esperienze; dipendono anche dal nostro stato del momento in termini di umore, emozioni e sentimenti. Variano da persona a persona, ma in uno stesso individuo possono cambiare da momento a momento.

Le persone che soffrono di ansia sociale tendono a trasformare le proprie sensazioni, timori, supposizioni, impressioni, emozioni, in significati e dati oggettivi della realtà esterna.  (altro…)

I problemi di accettazione, competenza e controllo – seconda parte

I problemi di accettazione, competenza e controllo – seconda parte

Pubblicato da: Categorie: Modelli cognitivi e metacognizioni nel pensare degli ansiosi sociali
Alla 1° parte Seconda Parte Il problema della competenza

Se una credenza di base di un ansioso sociale è inerente a un’idea di inferiorità, di incapacità, di inabilità in uno o più campi dell’attività umana, il suo problema principale è quello della  competenza.

Giacomo Balla – il linguaggio interrotto

L’origine ambientale  di questo problema può scaturire da varie cause: 

la più frequente è quella dell’essere messi a confronto con altri membri della famiglia  o con estranei presi come esempi da seguire;  dall’essere più volte etichettati come incapaci, deficienti, cretini o con altre terminologie o frasi del genere;  a una sorta di sentimento di inferiorità generale della famiglia rispetto alle altre, dovute  ad esempio, alle  condizioni sociali, alla religione o all’etnia  di appartenenza;  da carenze oggettive, ripetuti insuccessi o insufficienze in determinate attività;  l’avere avuto poche occasioni di successo o di gestione efficace di situazioni.

In una persona timida che vive il problema della competenza ogni evento, ogni situazione  che attiva credenze di inadeguatezza, genera il timore dell’insuccesso cui si ispirano le sue attività di previsione.  (altro…)

Il potere dei pensieri

Il potere dei pensieri

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Quando sosteniamo che la timidezza e le altre forme di ansia sociale si formano nel nostro sistema cognitivo, affermiamo implicitamente che il principale veicolo di trasmissione di questo processo sono i pensieri.

Joan Mirò – parole dipinte

Attraverso i pensieri possono circolare e interagire tra loro elementi della memoria, le percezioni che intercettiamo, ciò che abbiamo appreso, il linguaggio verbale, cioè le parole che utilizziamo anche nel nostro dialogo interiore, le immagini fisse o in movimento. Dentro i pensieri si svolgono i nostri ragionamenti, le valutazioni, le scelte. Da essi discendono tutte le nostre azioni. Quando viviamo un’esperienza, siamo raggiunti da stimoli esterni o interni, li interpretiamo e valutiamo con l’attività del pensare. I pensieri sono il luogo dell’interazione  e, l’interazione stessa, tra memoria e il processo del ragionamento, tra dati di conoscenza e la loro elaborazione.

I pensieri partecipano anche a costruire e sostenere motti, assunzioni, precetti, leitmotiv, slogan, che vanno a costituire anche l’insieme delle credenze intermedie, oltre a presentarsi pure nelle loro modalità automatiche.

Sono anche l’espressione del nostro stato cosciente (che non necessariamente è reale consapevolezza). Ed è nel passaggio dalla coscienza alla consapevolezza, che si consumano le contraddizioni logiche e/o interpretative che caratterizzano