Quando un ansioso sociale fa i conti, nel suo dialogo interiore, con un evento che ha vissuto con ansietà o in modo non soddisfacente, rivisita con una certa insistenza gli avvenimenti, è mosso implicitamente o esplicitamente, dal desiderio di trovare soluzioni alla problematica emersa e che sente di dover risolvere. Comincia, così, a ruminare sugli avvenimenti, cerca di capire dove ha sbagliato, perché. Come intenzione è un modo di fare piuttosto normale, ma più si rumina sugli eventi, più vi si gira intorno senza trovare soluzioni. È un incartarsi costante.
Ciò accade perché le attribuzioni di causa e significato risentono marcatamente delle modalità interpretative dei fatti e queste sono, a loro volta, condizionate in modo determinante dai propri modelli cognitivi di definizione di sé, degli altri e del mondo. La lettura degli eventi, nelle persone timide, negli ansiosi sociali in generale, è interpretazione emotiva della realtà, i fatti non vengono valutati nella loro oggettività, ma secondo le impressioni, sensazioni, paure e sentimenti, seguendo cioè gli impulsi emotivi. Il risultato è che il pensiero oggetto del ruminare, tende a stazionare sempre sugli stessi concetti, sulle stesse immagini mentali, sugli stessi puri atti di coscienza.
Quel che accade, è che il tentativo di trovare soluzione, si trasforma in un continuo pensare