Aspetti della timidezza: la ruminazione

Aspetti della timidezza: la ruminazione

Pubblicato da: Categorie: Modelli cognitivi e metacognizioni nel pensare degli ansiosi sociali

Quando un ansioso sociale fa i conti, nel suo dialogo interiore, con un evento che ha vissuto con ansietà o in modo non soddisfacente, rivisita con una certa insistenza gli avvenimenti, è mosso implicitamente o esplicitamente, dal desiderio di trovare soluzioni alla problematica emersa e che sente di dover risolvere.  Comincia, così, a ruminare sugli avvenimenti, cerca di capire dove ha sbagliato, perché. Come intenzione è un modo di fare piuttosto normale, ma più si rumina sugli eventi, più vi si gira intorno senza trovare soluzioni. È un incartarsi costante. 

Paul Delvaux – la citta inquieta

Ciò accade perché le attribuzioni di causa e significato risentono marcatamente delle modalità interpretative dei fatti e queste sono, a loro volta, condizionate in modo determinante dai propri modelli cognitivi di definizione di sé, degli altri e del mondo. La lettura degli eventi, nelle persone timide, negli ansiosi sociali in generale, è interpretazione emotiva della realtà, i fatti non vengono valutati nella loro oggettività, ma secondo le impressioni, sensazioni, paure e sentimenti, seguendo cioè gli impulsi emotivi. Il risultato è che il pensiero oggetto del ruminare, tende a stazionare sempre sugli stessi concetti, sulle stesse immagini mentali, sugli stessi puri atti di coscienza.

Quel che accade, è che il tentativo di trovare soluzione, si trasforma in un continuo pensare

Il senso e l’importanza dell’accettazione per la timidezza e l’ansia sociale – seconda parte

Il senso e l’importanza dell’accettazione per la timidezza e l’ansia sociale – seconda parte

Pubblicato da: Categorie: accettazione, Affrontare l’ansia sociale e la timidezza

SECONDA PARTE

Sia la psicoterapia cognitivo comportamentale di prima e seconda generazione, sia quella di terza generazione, non si dispiegano nella logica del muovere “contro” ma “verso”.  Coloro che hanno vissuto l’esperienza della psicoterapia cognitivo comportamentale avranno notato che non si punta certo alla repressione di idee e comportamenti disfunzionali, ma a verificare la validità o utilità di pensieri e comportamenti o ad apprendere a convivere con i contenuti disagianti decentrandoli e de-identificandosi con le proprie esperienze interne.

Paul Delvaux – il dialogo

Porsi nella logica del muovere “contro”, comporta  un’attività mentale tutta orientata a ciò che si vuole rimuovere e che implica, inevitabilmente, lo stazionamento del pensiero proprio su quanto si vuole abbandonare. In parole povere ci si dà la zappa sui piedi. Infatti, la timidezza, o l’ansia sociale in generale, e con essa i pensieri disfunzionali che la caratterizzano, restano il tema centrale delle proprie attività mentali. Ciò significa che tutto ciò che è disfunzionale (pensieri e comportamenti) resta attivato e operante. Anche di questo fenomeno non si ha consapevolezza.

È importante puntare a una decentralizzazione dei pensieri disfunzionali. Fare, cioè, in modo che i pensieri automatici negativi perdano la

Il senso e l’importanza dell’accettazione per la timidezza e l’ansia sociale – prima parte

Il senso e l’importanza dell’accettazione per la timidezza e l’ansia sociale – prima parte

Pubblicato da: Categorie: Affrontare l’ansia sociale e la timidezza, autostima

 

PRIMA PARTE

Quest’articolo e quello che segue, nasce da lettere e commenti al blog, nei quali si evince una difficoltà nella comprensione del senso del ricorso all’accettazione. Un mio gentile lettore ha recentemente commentato con questa frase: “come è possibile accettarsi, se la timidezza di per sé è una cosa del tutto negativa?”  Comprendo perfettamente la difficoltà che può provare una persona timida, o comunque soggetto a una qualsiasi forma di ansia sociale, nel considerare l’accettazione come qualcosa di antitetico al desiderio di liberarsi dalla propria condizione limitante. Infatti, tale pratica è di difficile attuazione, ma non impossibile, per chi vive condizioni di disagio nel mondo delle relazioni umane.

Salvador Dalì – il miele è più dolce del sangue

Per chiarire meglio il senso dell’importanza dell’accettazione, mi sembra opportuno svolgere delle considerazioni secondo due aspetti essenziali, uno è legato all’esperienza della ricerca clinica, l’altro è il senso e il significato dell’accettazione.

Diciamo subito due cose di base:

La non accettazione della propria forma di sofferenza interiore, e in definitiva di sé stessi, è un portato dell’ansia sociale stessa. La condizione dell’essere soggetti all’ansia sociale, alla timidezza, è generata dai pensieri disfunzio
La timidezza, l’ansia sociale e le assunzioni

La timidezza, l’ansia sociale e le assunzioni

Pubblicato da: Categorie: Modelli cognitivi e metacognizioni nel pensare degli ansiosi sociali

Le assunzioni costituiscono i principi e le norme cui devono ispirarsi i comportamenti e hanno la funzione di adattare questi ultimi alle determinazioni delle credenze di base.

Joan Miro – costellazione risveglio all’alba

Infatti, le credenze di base necessitano di strutture cognitive che determinano principi e condizioni che, da una parte le giustificano teoricamente ed emotivamente, dall’altra facciano da corollario al processo decisionale. Queste devono avere una parvenza logica, apparire perfettamente funzionali e razionali. Non a caso le persone afflitte da timidezza o ansia sociale applicano con convinzione le loro assunzioni disfunzionali, queste appaiono loro assolutamente logiche, razionali, assolutamente valide nella loro struttura funzionale. Le assunzioni possono essere espresse sotto forma di motto, di leitmotiv, di regole implicite, di norma condizionale, di obbligo, di precetto etico o morale, di aforisma, di parola d’ordine, di slogan, modi di dire, talvolta è tradizione familiare, in qualche caso è regola di gruppo; può persino esprimersi in forma immaginativa, d’immagine mentale.

Esse prendono parte alla vita di tutti gli individui ma, nel caso degli ansiosi sociali, dei timidi, assumono carattere imperativo, dominante, preminente, valore assoluto. Ciò fa si che le assunzioni, in tali soggetti, sono osservate e applicate in modo pedissequo e sistematico. 

I pensieri automatici

I pensieri automatici

Pubblicato da: Categorie: Il sistema cognitivo

Pur se non sono da considerare cognizioni strutturali, questi pensieri entrano a far parte, a pieno titolo, degli schemi cognitivi.

Kevin Regonesi – il pensiero

I pensieri automatici hanno alcune caratteristiche:

Sono cognizioni, eventi mentali o immaginativi del flusso di coscienza. Non sono necessariamente pensieri che si esprimono in forma verbale, possono essere immagini mentali, sequenze visive (es. ho paura di annegare e immagino la scena di affogare nell’acqua), possono essere percepite come un sapere già dato implicito, possono presentarsi come un “sentire”, presentarsi sotto le mentite spoglie di emozioni. Precedono sempre le fasi decisionali e l’azione. Per la persona che li pensa, sono il solo modo plausibile di interpretare un aspetto della realtà; essendo automatici sono considerati, e in modo inconscio, l’unico pensiero possibile. Vengono alla mente in modo automatico e la loro automaticità fa sì che si attivano come “routine”. Quasi sempre le persone non si rendono conto di averli avuti, (i timidi mai) e ciò perché si ha difficoltà, non abitudine o mancato esercizio nel focalizzarli. Di essi non se ne conserva memoria. Non sono risultato di elaborazioni razionali. Utilizzano sempre la stessa modalità nell’assegnazione di significato agli eventi, cosa che varia da individuo a individuo. Non raggiungono mai il livello di consapevolezza sulla loro origine e
Le previsioni negative

Le previsioni negative

Pubblicato da: Categorie: Modelli cognitivi e metacognizioni nel pensare degli ansiosi sociali

Quando una persona timida deve affrontare una situazione all’interno di un contesto sociale, l’attività del processo cognitivo si caratterizza per alcune peculiarità tipiche degli ansiosi sociali: i pensieri sono improntati da valutazioni negative.

Max Ernst – frutto della mia esperienza

Una volta attivate le credenze di base che descrivono una definizione di sé come soggetto inabile o incapace di operare con efficacia in determinati contesti o situazioni, la valutazione dei propri mezzi esprime un giudizio di insufficienza.

In alcuni casi le credenze di base possono aver delineato una definizione degli altri o del contesto sociale, come indisponibile o escludente, in tal caso a esprimere un giudizio di insufficienza è la valutazione della risposta proveniente dall’esterno.  Questi due tipi di giudizio, quello rivolto verso sé stessi e quello verso l’esterno, possono sussistere sia come fenomeno singolo, sia essere interagenti tra loro.

Comunque sia, la fase della valutazione che esprime valenze negative, determina un’attività previsionale degli eventi che muove in modo unidirezionale: sono proiezioni verso esiti che descrivono risultati risibili, fallimentari, catastrofici e le cui conseguenze vanno dal pubblico dileggio all’emarginazione sociale, alla cronica solitudine.

Le previsioni negative sono spesso espresse attraverso i pensier

I processi di valutazione automatica

I processi di valutazione automatica

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La mente umana ha due sistemi di elaborazione delle informazioni e degli stimoli che le pervengono.

Uno è quello che si svolge attraverso la ragione, la razionalità; si tratta dell’elaborazione delle informazioni che opera nel nostro livello cosciente e che implica volontà, intenzionalità e metodo.

L’altro opera fuori dal nostro controllo cosciente e, dunque, sfugge alla nostra volontà e intenzione razionale, si tratta dei processi di valutazione automatica. Più che operare secondo un metodo, la sua attività è più simile a una routine.

Edward Hopper – mattino in città

I processi di valutazione automatica bypassano la vera e propria attività di elaborazione, attingono direttamente dalla “banca dati” dei modelli interpretativi precostituiti conservati in memoria e operano per uguaglianza, analogia, similitudine.

Il loro carattere automatico fa sì che le loro attività si svolgono in tempi assai rapidi, tali da permettere risposte comportamentali immediate, cosa che non potrebbe accadere, con altrettanta velocità, nel caso di una valutazione riflessiva che ha bisogno di tempo.

Tali processi sono di due origini differenti, una è innata, acquisita attraverso le conoscenze geneticamente trasmesse, l’altra è relativa all’apprendimento. (altro…)

L’organizzazione dei pensieri strutturali

L’organizzazione dei pensieri strutturali

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Nei precedenti articoli abbiamo visto che le credenze di base sono definizioni del sé, degli altri e del mondo; che hanno la funzione di informare la mente quando deve svolgere le sue attività elaborative di interpretazione, valutazione, previsione e decisione; che fa tale funzione per mezzo di modelli interpretativi della realtà; che tali modelli non sempre sono interpretazioni della realtà oggettiva e in tal caso non sono aderenti al reale. A ciò aggiungiamo che le credenze, in effetti, sono pensieri che hanno la caratteristica di essere “strutturali” del sistema cognitivo di base che ci permette di ragionare sulle cose in modo agevole, organico e funzionale. Viene da domandarsi cosa sia la mente, a tale quesito preferisco rispondere ricorrendo alla descrizione che ne fanno i neurobiologi Maturana e Varela nella loro teoria enattiva (o dell’autopoiesi) in cui definiscono la mente come un insieme di relazioni di relazioni, di interazioni tra relazioni “derivate” di fenomeni fisici nelle nostre strutture cerebrali, la cui complessità è tale da non poterli più definire come fenomeni “fisici” perché vanno oltre la semplice fisicità, perché capaci di astrazione, sono qualcosa d’altro, per l’appunto, “mentali”.

Ma torniamo al tema dei pensieri strutturali. La nostra mente non abbisogna soltanto di informazioni che definiscano sinteticamente il mondo che percepiamo, come lo sono le credenze di b

Viaggio alle radici della timidezza: i pensieri automatici negativi

Viaggio alle radici della timidezza: i pensieri automatici negativi

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Joan Mirò – la conversazione

Il primo a rendersi conto dell’importanza della loro esistenza e delle loro peculiarità, fu a Aaron Beck a cavallo tra gli anni 50 e 60. Notò che le persone disturbate, a seconda del tipo di sofferenza, erano pervase, nella mente, da pensieri ricorrenti, costanti, che battono sempre sulle stesse idee. Da qui partirono i suoi studi e le sue ricerche che lo portarono a delineare la teoria cognitivista e le strategie terapeutiche collegate. Questa tipologia di pensieri acquisisce carattere automatico quando, nel dialogo interiore dell’individuo, si sono ripetuti insistentemente tanto a lungo, che il loro pervenire alla mente avviene senza che vi sia, nell’attività cognitiva, un vero processo di elaborazione del pensiero stesso.  Essi, a voler fare un esempio con il linguaggio della programmazione dei computer, sono come delle routine.  Una volta che la mente li ha trasformati in schemi di memoria o modelli di pensiero, questi non hanno più bisogno di essere “processati”.  Il loro carattere automatico permette al sistema cognitivo di economizzare su tutta una serie di elaborazioni che altrimenti sarebbero solo un continuo ripetere di procedure sempre uguali a se stesse. Pertanto i pensieri automatici negativi, non avendo bisogno di processi elaborativi, pervengono alla mente quasi in modo istintivo e con molta rapidità.

I pensieri automatici sono associat

Viaggio alle radici della timidezza: il livello gerarchico di pensieri II p

Viaggio alle radici della timidezza: il livello gerarchico di pensieri II p

Pubblicato da: Categorie: Il sistema cognitivo
PARTE SECONDA

Paul Delvaux – la scala

La funzione delle credenze di base e intermedie, nasce dalla necessità dell’uomo di dare senso alle cose e alle esperienze, e di organizzarle in modo coerente, in modo da poter essere le più adattive possibili, garantendo così le migliori condizioni di vita. Perché una credenza di base possa avere seguito e concretizzarsi nei comportamenti, ha bisogno di altri pensieri, capaci di trasferire il significato originario, in una pluralità di modelli cognitivi, capaci di adattarsi ai contesti della vita sociale. Questa funzione è svolta dai pensieri disposti nel secondo livello gerarchico, le credenze intermedie, che pure sfuggono all’attenzione dello stato cosciente dell’individuo.

La loro, è una funzione sostanzialmente disciplinante, devono determinare le regole del gioco e, al tempo stesso, dovendosi adattare alla variabilità e alle numerose configurazioni degli eventi reali, devono anche interagire in modo variegato.  Tale diversificazione è assicurata dagli stili del pensiero, infatti, essi si presentano sotto la forma di motti, leitmotiv, precetti, condizionali, doverizzazioni, assunzioni che possono avere carattere perentorio, e/o concettuale. A questi sono poi da aggiungere altre forme di pensiero che determinano le modalità del ragionare. Tra queste ultime troviamo anche le distorsioni cognitive, schemi del ragionare viziati da pulsioni e