Tipi di pensieri disfunzionali – parte terza

Tipi di pensieri disfunzionali – parte terza

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Terza Parte

Focalizzazione sul giudizio (distorsione cognitiva)

 Si considera se stesso, gli altri e gli eventi in termini valutativi (buono-cattivo, superiore-inferiore) anziché limitarsi a descriverli, accettarli o capirli. Si misura continuamente se stesso e gli altri, in base a standard arbitrari, concludendo che sono inferiori e focalizzandosi su queste conclusioni. “Non ce l’ho messa tutta all’università”, “se giocassi a tennis, non sarei bravo”, “guarda quanto successo ha lei. mentre io non sono una persona di successo”.

I MITI COGNITIVI

Il mito della modestia

Paul Delvaux – alla porta

L’essere modesti viene considerata una virtù, un obbligo morale. I soggetti che credono in questo mito, hanno difficoltà ad accettare i complimenti e non sanno rispondere verbalmente, in modo adeguato, quando vengono espressi. Ne risulta anche una difficoltà nel parlare di sé in termini positivi. Nei soggetti ansiosi, tutto ciò si traduce in un’attenzione rivolta verso i punti deboli della propria personalità, nel rafforzamento di idee negative di sé, nella giustificazione e nella valorizzazione delle critiche provenienti dall’esterno, viste anche come conferma di quanto si pensa già di sé stessi e questo anche quando esse non sono appropriate. La modestia r

Tipi di pensieri disfunzionali  –  seconda parte

Tipi di pensieri disfunzionali – seconda parte

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Seconda parte alla prima parte

La lettura del pensiero  

Ci si convince di sapere cosa sta pensando un altro senza avere la minima prova o evidenza; si crede di sapere che cosa pensano gli altri senza avere prove sufficienti.  Ad es. “sta pensando sicuramente che sono un idiota”, “tutti quanti mi guardano, stanno sicuramente pensando che sono ridicolo”, “sta pensando che sono un fallito”, “quando entro in una stanza, sono certo che i presenti pensano di me che sono noioso e che bisogna starmi lontano”, “le persone che cominciano a parlare con me, poi si allontanano perché pensano che sono poco interessante”, “pensa che io sia un perdente”. Questi pensieri, in una persona, si sviluppano quando l’attenzione si concentra sull’idea che gli altri lo hanno posto al centro del loro interesse, e sono intenti a valutarlo. 

L’etichettamento 

Salvador Dali – fantasie diurne

Consiste nell’applicare un’etichetta nel complesso della persona, sia verso sé stessi che verso gli altri, sulla base di eventi o azioni specifiche. Si stabilisce il carattere o il valore di un individuo senza valutare la persona nella sua globalità. Basta un dettaglio per affibbiare un’etichetta a un soggetto, indipendentemente dalle sue altre qualità, è come fare di tutta l’erba un fascio, è il caso di pensieri come: “Ho fatto quell’errore perché s

Tipi di pensieri disfunzionali  – prima parte

Tipi di pensieri disfunzionali – prima parte

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Prima Parte

I pensieri disfunzionali che, in qualche caso possono anche contenere un fondo di verità, inducono, negli ansiosi sociali e nelle persone timide, ragionamenti dal carattere categorico; assumono, quasi sempre, valore assoluto. Per lo più si manifestano nei pensieri automatici negativi, in alcuni casi sono espressione di credenze intermedie, regolanti o condizionali.

Distorsioni cognitive

Salvador Dali – nascita dei desideri liquidi

Il pensiero dicotomico 

È il ragionare per estremi, senza soluzioni intermedie, o nero o bianco, si considera gli eventi o le persone in termini di tutto o nulla. “Nessuno mi vuole”, “È stata una totale perdita di tempo”,  “se faccio anche solo un minimo errore, perdo la faccia, penseranno che sono un idiota”. Il pensiero dicotomico conduce alla radicalizzazione dell’interpretazione degli stimoli sia esterni che interni, nella valutazione dei fenomeni o degli eventi, nella previsione degli esiti susseguenti all’evento, nella determinazione dei comportamenti da attuare. Tutto ciò comporta una rigidità del ragionamento e dei comportamenti conseguenti. L’inferenza arbitraria  (altro…)

Quando timidezza o ansia sociale produce modi di pensare disfunzionali – seconda parte

Quando timidezza o ansia sociale produce modi di pensare disfunzionali – seconda parte

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Seconda parte alla prima parte

Per dare l’idea di come possa formarsi un modo di pensare disfunzionale, ricorrerò al caso di un ragazzo cui era stata diagnosticata la fobia sociale. Non aveva il coraggio di avvicinarsi alle persone per interloquire con loro.

Luigi De Gennaro – la scelta

R: insomma, non ho il coraggio di avvicinarmi alle persone e parlare con loro, figuriamoci poi con le ragazze. D: cosa ti viene in mente in quei momenti? R: beh, che vado li a rompergli le scatole. Insomma, è se gli do fastidio? D: è come fai a sapere che gli dai fastidio se non ti avvicini e glielo chiedi? R: si, ma se lo faccio e gli do fastidio, mi sarò comportato da cafone e avrò fatto proprio quello che volevo evitare. D: e se non dai loro fastidio? Se a loro sta bene la tua presenza? R: si ma c’è sempre la possibilità che gli do fastidio. D: È possibile, ma può essere vero anche il contrario. Non pensi che così, alla fine, finisci che non comunichi mai con nessuno? Che resti sempre da solo? È utile alla tua vita, questo evitare? R: (con tono ed espressione visiva infastidita) Lei vuole reprimere la libertà di essere me stesso e di pensare con la mia testa. Non rinuncio alla mia dignità.

Qual’ è la dinamica di questo processo cognitivo?  (altro…)

Quando la timidezza produce modi di pensare disfunzionali – prima parte

Quando la timidezza produce modi di pensare disfunzionali – prima parte

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Prima parte

Ho più volte affermato che la timidezza, pur comportando pensieri negativi e/o disfunzionali, non implica, che ogni tipo di pensiero, o ogni ragionamento sia, necessariamente, disadattivo o irrazionale.

In realtà, i pensieri che risultano essere disadattivi o irrazionali sono soltanto quelli che sottendono schemi cognitivi disfunzionali e che, quindi, derivano da credenze di base inadeguate.

Francesco Vaglica – la scelta

Dato che la timidezza e altre ansie sociali esistono in quanto riferite al mondo delle relazioni sociali, ne discende che i pensieri, i modi di pensare e ragionare, condizionati dalle dinamiche psichiche di tali disagi o disturbi, sono solo quelli inerenti gli altri e i sistemi di relazione sociale. Tuttavia, nonostante la limitatezza del campo d’azione, l’umana capacità produttiva di costrutti ideali inerenti la sfera delle relazioni sociali, può esprimersi in quantità “industriali”. Gli schemi cognitivi disfunzionali coinvolti nelle dinamiche psicologiche, che possiamo riscontrare nelle persone timide sono capaci di indurre la elaborazione di veri e propri modi di pensare che possono assumere anche forme filosofiche, e collegarsi a principi oppure che attingono a valori collettivi. Questi costrutti ideali infecondi svolgono, come funzi

Timidezza e auto sabotaggio

Timidezza e auto sabotaggio

Pubblicato da: Categorie: I comportamenti degli ansiosi sociali e delle persone timide

Nella timidezza l’auto sabotaggio si verifica in tutti i comportamenti e i pensieri non funzionali al raggiungimento dei nostri obiettivi. Tutti questi pensieri disfunzionali e i comportamenti conseguenti, al momento, possono apparire logici, oppure come immanenza dell’inevitabilità. 

George Grosz – Suicide

Spesso il prendere coscienza della disfunzionalità e del loro essere auto sabotaggio, avviene a posteriori, quando il dado è tratto e se ne vedono le conseguenze negative. In tali contesti possono susseguire due tipologie di pensieri, ambedue confermanti le credenze negative sottostanti. Una prima tipologia si può manifestare nella spietata autocritica con la sottolineatura delle proprie inadeguatezze, caratterizzate da frasi tipo, “non sono buono a niente”, “non faccio altro che combinare casini”, “ancora una volta ho dimostrato quello che sono, una nullità”, “faccio sempre stronzate”.  Nella seconda tipologia possiamo intravvedere i cosiddetti “pensieri razionalizzanti”, che tendono a giustificare i comportamenti che si sono avuti, in genere di evitamento, e che si verificano sempre a posteriori di una data situazione.  Faccio un esempio: Caio ha, come credenza di base, quella di non ritenersi amabile, ha sviluppato un pensiero doverizzante, secondo il quale, nella vita bisogna sempre essere accettati da tutti. Entra in un negozio per acquistare un pantalon

Quando l’evitamento della sofferenza diventa disfunzionale

Quando l’evitamento della sofferenza diventa disfunzionale

Pubblicato da: Categorie: I comportamenti degli ansiosi sociali e delle persone timide, Modelli cognitivi e metacognizioni nel pensare degli ansiosi sociali

Nella cultura umana è fortemente radicata l’idea che il raggiungimento della felicità sia maggiormente disponibile evitando la sofferenza. Un tale concetto ha una sua validità nella misura in cui l’evitamento della sofferenza non dia luogo a una cognizione dogmatica e a comportamenti, da essa discendente, che determinano una sorta del “non vivere”.

Carrie Ann Baade – mare di lacrime

Portata alle sue estreme conseguenze, quest’idea conduce a un’implicita negazione della sofferenza come fattore intrinseco e propria della vita umana.  Pensare che la vita sia possibile senza patemi è come negare il principio della gravità mentre un elefante sta precipitando sulla nostra testa. Conseguenza dell’idea d’evitamento della sofferenza è l’assunzione di pensieri e comportamenti di controllo nei confronti delle esperienze.

Tali assunzioni, sono talmente considerate desiderabili, che l’attuazione di strategie di controllo attraverso pensieri e comportamenti, orientati all’evitamento della sofferenza, sono apprese e incoraggiate negli ambienti sociali e sono ampiamente divulgate nella letteratura passata e presente, nelle arti visive e persino nelle pratiche farmacologiche.

Possiamo osservare che, nella timidezza e in altre forme di ansia sociale, le strategie di controllo per l’evitamento della sofferenza, trovano applicazione assidua e sistemica. È una delle r

La commistione tra fatti, pensieri ed emozioni

La commistione tra fatti, pensieri ed emozioni

Pubblicato da: Categorie: Le emozioni, Modelli cognitivi e metacognizioni nel pensare degli ansiosi sociali

Già Epitteto, nel primo secolo d.C., affermava che le persone sono turbate dall’interpretazione che danno alle cose, piuttosto che dalle cose stesse. Un concetto ripreso più tardi anche dall’imperatore e filosofo Marco Aurelio. Cosa contiene di così importante, questa semplice affermazione? 

Bortolossi Walter – cerchio vortice

Da una parte ci sono i fatti puri, semplici e concreti, dall’altra c’è il nostro modo di intendere quei fatti.  Noi assegniamo sensi e significati agli eventi, alle situazioni, ai comportamenti altrui e, a questi ultimi, anche le intenzioni.  Tali attribuzioni di significati, sensi e intenzioni non sono soltanto determinate dalla nostra storia individuale, dalle nostre conoscenze e dalle nostre esperienze; dipendono anche dal nostro stato del momento in termini di umore, emozioni e sentimenti. Variano da persona a persona, ma in uno stesso individuo possono cambiare da momento a momento.

Le persone che soffrono di ansia sociale tendono a trasformare le proprie sensazioni, timori, supposizioni, impressioni, emozioni, in significati e dati oggettivi della realtà esterna.  (altro…)

I pensieri nell’ansia sociale e della timidezza

I pensieri nell’ansia sociale e della timidezza

Pubblicato da: Categorie: Il sistema cognitivo

La nostra memoria, sia le nostre elaborazioni dei dati di conoscenza, si manifestano attraverso il pensiero.

Umberto Boccioni – Stato mentale 3

Il pensiero non si estrinseca solo nella forma verbale, che sicuramente è la più comune, esso si esprime anche in forma di immagini mentali fisse o dinamiche o in forma di atto di coscienza.  Qualunque sia la forma in cui si esprime, la sua direttività dipende, in massima parte, dal problema di base che insiste nel soggetto, e cioè l’ accettazione, la competenza e il controllo. La sua funzione è, invece, legata sostanzialmente alla gerarchia tra i diversi livelli in cui si colloca il pensiero. Le sue caratteristiche, infine, si determinano in ragione della funzione e della direttività. I pensieri espressione delle credenze di base, si esprimono in forma sintetica, perentoria, dichiarativa, incondizionata, descrittive delle proprie prerogative, o di quelle degli altri (per esempio, “sono un perdente”, “sono un essere inferiore”, “sono un debole”, “sono stupido”). Se andiamo ad analizzare i pensieri espressione delle credenze intermedie, vediamo che si esprimono in diverse forme. Ci sono i pensieri regolanti che stabiliscono norme e doveri comportamentali, regole cui bisogna attenersi per operare nel rispetto delle credenze di base (ad esempio, “devo essere il migliore”, “devo fare le cose in modo perfetto”, “non devo c

Viaggio alle radici della timidezza: i pensieri automatici negativi

Viaggio alle radici della timidezza: i pensieri automatici negativi

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Joan Mirò – la conversazione

Il primo a rendersi conto dell’importanza della loro esistenza e delle loro peculiarità, fu a Aaron Beck a cavallo tra gli anni 50 e 60. Notò che le persone disturbate, a seconda del tipo di sofferenza, erano pervase, nella mente, da pensieri ricorrenti, costanti, che battono sempre sulle stesse idee. Da qui partirono i suoi studi e le sue ricerche che lo portarono a delineare la teoria cognitivista e le strategie terapeutiche collegate. Questa tipologia di pensieri acquisisce carattere automatico quando, nel dialogo interiore dell’individuo, si sono ripetuti insistentemente tanto a lungo, che il loro pervenire alla mente avviene senza che vi sia, nell’attività cognitiva, un vero processo di elaborazione del pensiero stesso.  Essi, a voler fare un esempio con il linguaggio della programmazione dei computer, sono come delle routine.  Una volta che la mente li ha trasformati in schemi di memoria o modelli di pensiero, questi non hanno più bisogno di essere “processati”.  Il loro carattere automatico permette al sistema cognitivo di economizzare su tutta una serie di elaborazioni che altrimenti sarebbero solo un continuo ripetere di procedure sempre uguali a se stesse. Pertanto i pensieri automatici negativi, non avendo bisogno di processi elaborativi, pervengono alla mente quasi in modo istintivo e con molta rapidità.

I pensieri automatici sono associat