Vie per superare la timidezza

Vie per superare la timidezza

Pubblicato da: Categorie: accettazione, Affrontare l’ansia sociale e la timidezza

È importante non colpevolizzarsi per ciò che si fa e per quel che si è: È la timidezza che induce a certi comportamenti e a certi pensieri, non la persona in sé.

Domenico Dell’Osso – Accettando i limiti ci si rende liberi

Così come va tenuto conto che i pensieri non sono la realtà e nemmeno te, sono solo pensieri. La non consapevolezza di cadere nel “tranello” teso dalle paure e dai pensieri disfunzionali, ha il suo peso. Infatti, se hai consapevolezza, hai anche una maggiore possibilità di scelta e quindi di decisione.

Tuttavia s’incontrano delle difficoltà sulla via al cambiamento, non si affronta solo l’inconsapevolezza, ma anche la paura del nuovo, di ciò che, non essendo mai stato vissuto, non si conosce; e poi la paura di fallire: “Sarebbe terribile se fallissi anche in questo”.  La resistenza al cambiamento trova la sua ancora in quei comportamenti e a quelle strategie cognitive di difesa cui si è abituati. Si evita per evitare una sofferenza, per non vivere un’intensa ansia, per liberarsi dalla paura e perché, per l’immediato, l’evitamento cognitivo e comportamentale ha i suoi effetti benefici.  E questi sono i lati positivi dei comportamenti disfunzionali e delle strategie cognitive di difesa; ma hanno il rovescio della medaglia: per evitare certe sofferenze ci si condanna a una sofferenza permanente e subdola, ci si condanna a una vita sociale

Timidezza e demotivazione al cambiamento

Timidezza e demotivazione al cambiamento

Pubblicato da: Categorie: Affrontare l’ansia sociale e la timidezza

Quando Carl Rogers teorizzò la terapia centrata sul cliente, si pose anche il problema della motivazione per far fronte alla resistenza al cambiamento, e ideò il dialogo motivazionale. Da un po’ di tempo, la terapia cognitivo comportamentale sta implementando, nelle proprie pratiche, il dialogo motivazionale.

Pablo Picasso – lo spavento

Impegno e motivazione sono strettamente collegati. Senza motivazione non c’è l’impegno.

Il problema, a mio parere, sorge da un conflitto tra ragione razionale e ragione emotiva, cioè tra la nostra razionalità cosciente e gli impulsi emotivi derivanti da quella parte del sistema cognitivo che è disfunzionale, e attiva i suoi strumenti di difesa o di aggiornamento, i cosiddetti stili di crescita della conoscenza. In condizioni normali, gli stili di crescita della conoscenza, fungono come strumento di adeguamento delle cognizioni per renderle più aderenti al mondo reale; e ciò è possibile quando le credenze sono elastiche.  Infatti, in tali casi, il sistema cognitivo non viene a trovarsi mai con un vero e proprio vuoto interpretativo oppure, se capita, è per un tempo ragionevolmente breve, tale da non compromettere le possibilità di risposta agli stimoli.  Purtroppo, negli ansiosi sociali, determinate credenze, quelle disfunzionali, quelle che si sono formate come interpretazioni emotive del reale, a scapito dell’interpretazione oggett