Ruminazione e rimuginìo nelle sofferenze d’ansia e dell’umore

Ruminazione e rimuginìo nelle sofferenze d’ansia e dell’umore

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In un precedente articolo ho parlato della preoccupazione, facendo notare come questa sia un’attività metacognitiva che si manifesta come stile di pensiero e alimenta quello che Wells chiama “funzione autoregolatoria”. 

Mario Tessari – solo nel tunnel

Ho anche scritto di come quest’ultima, e con essa la preoccupazione, siano disfunzionali per via del ricorso a esse eccessivamente ripetute e prolungate nel tempo.  Infatti, nel mondo della timidezza, dell’ansia o della depressione, la preoccupazione è considerata in modo ambivalente: per una parte la si considera necessaria e utile perché prepara ad affrontare gli eventi e le situazioni future, o perché la si considera una prova di maturità; mentre, per un’altra parte, è ritenuta una sorta di dannazione su cui non si riesce ad avere controllo.  Oggi continuerò questo discorso trattando di due delle principali strategie con cui si esplica la preoccupazione: il rimuginìo e la ruminazione.

Queste ultime, nelle ansie sociali, nella timidezza, nei disturbi depressivi, sono processi mentali caratterizzati da flussi di pensieri ripetitivi, consci e strumentali, orientati su temi predominanti. Si tratta di una classe di pensieri che si presentano anche in mancanza di stimoli ambientali e sociali.  Rimuginìo e ruminazione, sono due processi molto simili tra loro, che differiscono per la linea temporale di riferimento della l

La mindfulness come strategia per affrontare la timidezza – parte quarta

La mindfulness come strategia per affrontare la timidezza – parte quarta

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ALLA PRIMA PARTE

ALLA SECONDA PARTE

ALLA TERZA PARTE

Quarta Parte In conclusione

Nella psicoterapia cognitivo comportamentale, il ricorso alla mindfulness, si pone l’obiettivo di riuscire ad ottenere un processo di distanziamento critico dagli schemi cognitivi disfunzionali, mediante le tecniche di consapevolezza e accettazione.

Henri Matisse – la gioia di vivere

L’esercizio della meditazione consapevole, aiuta a considerare i propri pensieri, come eventi temporanei dai significati relativi, anziché come rappresentazione esatta della realtà oggettiva o del proprio sé.

Con la meditazione consapevole classica, lo scopo è di ancorarsi al presente, al qui e ora; di instaurare una diversa relazione con le proprie esperienze interiori, accettandole come parti del proprio paesaggio interno e ponendosi in una posizione di astensione dall’agire sulle cause.

Giacché la meditazione è una tecnica finalizzata all’approfondimento dell’attenzione e all’acquisizione di una lucida consapevolezza, le persone timide e stressate, possono apprendere a osservare pensieri, sensazioni, emozioni ed eventi, in modo oggettivo.

Non solo; possono apprenderlo a farlo senza reagire a tali stimoli, acquisendo così, una maggiore capacità d’introspezione e accettazione delle esperienze e

La mindfulness come strategia per affrontare la timidezza – parte terza

La mindfulness come strategia per affrontare la timidezza – parte terza

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va alla prima parte va alla seconda parte Terza Parte Spostamento mirato dell’attenzione Molte persone timide, per fronteggiare i pensieri intrusivi, soprattutto nelle loro fasi ruminanti o rimuginanti, ricorrono alla distrazione, cercano di dedicarsi a qualcosa, si lanciano nelle attività che capitano loro a tiro, alla rinfusa, improvvisando. 

Frida Kahlo – radici

Diversamente da questa distrazione semplice e confusionaria, lo spostamento mirato dell’attenzione punta a trasferire la concentrazione dell’attività cognitiva e metacognitiva sull’obiettivo che ci si propone, sul compito che si va a svolgere, sulla scena del contesto in cui si opera, sui contenuti da esprimere, sulle persone. 

  Si tratta, dunque, dello spostamento dell’attenzione verso l’esterno contingente. In questo modo, da un lato, si contrasta l’eccessiva concentrazione su di sé, dall’altro, si tende ad allenare il soggetto a spostare l’attenzione sul compito. Questa strategia è risultata essere particolarmente utile a persone afflitte da fobia sociale, ansia da prestazione, ansia da esame, varie forme di timidezza. “Se lo scopo è aumentare il flusso di dati confutativi nei processi di elaborazione, le strategie attentive dovrebbero servire a concentrare l’attenzione sui dati contrari alle convinzioni. Se il fine è migliorare le prestazioni, l’attenzione dovrebbe essere rivolta alle componenti del
La mindfulness come strategia per affrontare la timidezza – II PARTE

La mindfulness come strategia per affrontare la timidezza – II PARTE

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VA ALLA PRIMA PARTE Seconda Parte Nuovi obiettivi Un modo per affrontare queste problematiche è quello di ricorrere alle varie tecniche della mindfulness. Con questo nome sono indicate un insieme di tecniche di disposizione mentale che vanno da quelle a ispirazione “buddista”, a quelle più specificatamente di estrazione cognitivista. Il decentramento Quando siamo sottoposti a situazioni di sofferenza emotiva o fisica, la nostra attenzione si concentra su di essa. Nelle ansie sociali, nei disturbi dell’umore (depressione), l’attenzione è diretta verso i pensieri automatici negativi, nella continua rimuginìo sui temi della propria sofferenza psichica, sul passato (ruminazione), su un ipotetico futuro negativo, sulla preoccupazione, sulle emozioni come la paura.  

Ennio Calabria – la forma da dentro

Analogamente, in altri tipi di situazioni stressanti, come ad esempio quelle da lavoro, la centralizzazione del pensiero sugli eventi o stimoli stressanti, l’attenzione induce a percepirli come più faticosi, esasperanti, pregnanti, pressanti.

  In breve, nel momento in cui, il pensiero si concentra sui fattori stressanti della nostra vita o delle situazioni contingenti, cioè diventa fattore centrale della nostra attività cognitiva e metacognitiva, le percezioni negative mentali o sensoriali, acquisiscono maggiore intensità, frequenza, qualità e valore.  

Nel

La mindfulness come strategia per affrontare la timidezza -1°parte

La mindfulness come strategia per affrontare la timidezza -1°parte

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Prima Parte

Inizia con questo la prima delle quattro parti dell’articolo dedicato alle linee concettuali della mindfulness che rappresenta il punto di approdo attuale, della ricerca nel campo della psicologia, di tecniche e strategie per fronteggiare le varie forme di ansia sociale, e non solo.

Introduzione Le problematicità della timidezza

Gian Carlo Calma – Meditazione

La timidezza è una condizione mentale che produce, in varie forme, problemi adattativi nell’interazione con gli altri. La persona timida, è tale, in quanto soggetto sociale: fuori da tale contesto la timidezza non esiste. Si tratta di forme di disagio che scaturiscono dal percepirsi diversi dagli altri o come soggetto sbagliato, e dal percepire determinati eventi, situazioni e comportamenti altrui, come forieri di minaccia, di rischio che può produrre sofferenza nella propria vita sociale: non a caso la paura caratteristica dei soggetti timidi è di trovarsi a essere esposti allo sguardo e al giudizio degli altri.

I potenti pensieri intrusivi

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Aspetti della timidezza: la ruminazione

Aspetti della timidezza: la ruminazione

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Quando un ansioso sociale fa i conti, nel suo dialogo interiore, con un evento che ha vissuto con ansietà o in modo non soddisfacente, rivisita con una certa insistenza gli avvenimenti, è mosso implicitamente o esplicitamente, dal desiderio di trovare soluzioni alla problematica emersa e che sente di dover risolvere.  Comincia, così, a ruminare sugli avvenimenti, cerca di capire dove ha sbagliato, perché. Come intenzione è un modo di fare piuttosto normale, ma più si rumina sugli eventi, più vi si gira intorno senza trovare soluzioni. È un incartarsi costante. 

Paul Delvaux – la citta inquieta

Ciò accade perché le attribuzioni di causa e significato risentono marcatamente delle modalità interpretative dei fatti e queste sono, a loro volta, condizionate in modo determinante dai propri modelli cognitivi di definizione di sé, degli altri e del mondo. La lettura degli eventi, nelle persone timide, negli ansiosi sociali in generale, è interpretazione emotiva della realtà, i fatti non vengono valutati nella loro oggettività, ma secondo le impressioni, sensazioni, paure e sentimenti, seguendo cioè gli impulsi emotivi. Il risultato è che il pensiero oggetto del ruminare, tende a stazionare sempre sugli stessi concetti, sulle stesse immagini mentali, sugli stessi puri atti di coscienza.

Quel che accade, è che il tentativo di trovare soluzione, si trasforma in un continuo pensare

I costi del rimuginìo e della ruminazione

I costi del rimuginìo e della ruminazione

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  Tra le persone timide e gli ansiosi sociali in generale, circolano diverse metacredenze che riguardano il rimuginìo e la ruminazione. Queste metacredenze conferiscono a tali strategie del pensare sia valore di utilità che di danno. Ma cosa intendiamo con rimuginìo e ruminazione? 

Chierici Simonetta – labirinto

Ambedue sono strategie di auto regolazione cognitiva, attività persistenti di flussi o catene di pensiero che insistono sullo stesso tema e che, nelle ansie sociali o nei disturbi dell’umore, possono durare ore o anche giorni. 

Mentre il rimuginìo è rivolto a ciò che potrà accadere di lì a poco, nel futuro, o riguardante giudizi negativi su di sé o sugli altri, la ruminazione è rivolta al passato o al presente. Ambedue implicano la critica a sé stessi oppure agli altri, sentimenti di inadeguatezza, di fallimento. Se nel rimuginìo prevalgono la preoccupazione e l’emozioni della paura; nella ruminazione, la tristezza, il rammarico, la non accettazione dei fatti. In condizioni normali, rimuginìo e ruminazione hanno breve durata e non tendono a ripetersi riguardo agli stessi eventi, così lasciano spazio al problem solving, al superamento dell’esperienza negativa, a vivere il presente. In pratica, possiamo dire che in tali casi la regolazione cognitiva ha successo. Tuttavia, ciò non accade nella timidezza, nelle altre ansie sociali, nelle depressioni.  La differenza