Perché si diventa timidi?

Perché si diventa timidi?

Pubblicato da: Categorie: Origine e cause delle ansie sociali e della timidezza

La timidezza è un disagio psichico, di natura cognitiva, che si determina nel dominio dell’interazione sociale. 

Lucia Schettino – L eccezione consiste semmai nella maggiore intensità

Si manifesta con comportamenti evitanti o viziati da inibizione ansiogena. Si caratterizza, per i flussi di pensieri negativi, che attraversano la mente, e riguardano il sé, gli altri o il mondo sociale; per le emozioni che comportano l’attivazione di sintomi fisiologici dell’ansia.

Va detto, però, che una definizione definitiva della timidezza, non si è ancora raggiunta, per via di un’ampia gamma di forme, ambiti sociali di attivazione, intensità e frequenza delle sue manifestazioni.

Infatti, non è sempre chiaro il confine tra timidezza e fobia sociale o disturbo evitante della personalità, tra disagio e patologia; i tratti dell’uno si confondono spesso con quelli dell’altra. Generalmente, è considerata una forma di ansia sociale non patologica. Tuttavia forme di timidezza cronica lasciano, comunque, il sospetto che possano essere disagi patologici. La sua natura cognitiva e le tipologie delle cognizioni interessate sono comuni anche ad altre forme d’ansia sociale.  Perché, allora, la timidezza non è considerata una forma patologica?  La differenza è, innanzitutto, nella frequenza e intensità sia nei processi cognitivi, sia nelle manifestazioni emotive e ansiogene; poi ne

Scopo e antiscopo nelle ansie sociali

Scopo e antiscopo nelle ansie sociali

Pubblicato da: Categorie: I comportamenti degli ansiosi sociali e delle persone timide, I problemi delle persone timide

Ho spesso sentito descrivere, da persone timide, il proprio comportamento come “indossare una maschera”, “recitare” un ruolo non proprio; una descrizione che rende bene l’idea dello stato emotivo che vivono gli ansiosi sociali e anche lo spirito che li spinge a comportamenti di protezione. La loro recita è forzosa e quasi sempre incontrollata. 

Domenico Dell’Osso – L affermazione è il punto di partenza il primo passo che apre la via al cambiamento

Infatti, se l’attore di teatro recita un ruolo facendo una scelta volontaria e quindi cosciente, egli è capace di controllare e modulare la propria recitazione; l’ansioso sociale quella maschera la subisce.  La recitazione della persona timida non è fluente, è impacciata, risponde a impulsi automatici.

Una ragione di ciò, sta nel fatto che i processi cognitivi e il comportamento dell’ansioso sociale, operano avendo come obiettivo l’antiscopo, cioè quello di evitare che avvenga ciò che si teme. 

La loro attenzione si concentra ed è finalizzata all’obiettivo di evitare anziché al fare. A conti fatti, piuttosto che perseguire gli scopi inerenti la propria realizzazione sociale, paradossalmente, e senza che se ne rendano conto, le persone timide, si pongono, come obiettivo, che il proprio scopo di socialità non avvenga. L’individuo timido indirizza la propria attenzione su ciò che giudica terribile e as

La paura di apparire timidi

La paura di apparire timidi

Pubblicato da: Categorie: Le emozioni

Tra comunicazione non verbale e costumi consolidati nel comportamento umano, esiste una relazione di reciprocità: da una parte, i costumi che diventano elementi fondanti di modelli comportamentali sociali, subiscono l’influenza dei significati assegnati dalle interpretazioni delle azioni umane non verbali e dei valori a essi collegati; dall’altra, il conferimento di significati ai comportamenti umani (linguaggio non verbale) è contagiato dall’uso storicizzato dei costumi.

Tiziana Trezzi – al di la…incontro allignoto

Uno dei risultati di tale relazione di reciprocità è la cultura dell’apparenza. Questa incide nella vita delle persone in funzione dell’importanza che ciascun individuo le conferisce. Le persone timide vivono spesso il problema dell’apparenza e dell’apparire con estrema tragicità. 

Con il tema dell’apparire entrano in gioco, l’idea di sé rispetto agli altri, e il problema dell’accettazione sociale. Le idee disfunzionali di sé che l’individuo timido, nel suo dialogo interiore, pone in relazione agli altri, fanno capo a:  (altro…)

Quando la persona timida dice: “Sono troppo buona e si approfittano di me”

Quando la persona timida dice: “Sono troppo buona e si approfittano di me”

Pubblicato da: Categorie: assertività

È una frase piuttosto frequente che sentiamo pronunciare da uomini timidi e da donne timide. Una frase sempre accompagnata da una congiunzione che annuncia postumi negativi: “Sono sempre stato troppo buono e…”, “Sono troppo buona e…”.

Paul Delvaux – solitudine

Le conseguenze sono, più o meno, sempre le stesse: “Si approfittano di me”, “mi trattano male”, “m’insultano”, “ma non sono mai disponibili quando ho bisogno di loro”.

In cosa consiste questa tanta bontà? 

Mettere la lealtà verso gli altri davanti a tutto, porre gli amici e le amiche prima di tutto, considerare i sentimenti altrui prima di tutto, essere sempre e comunque pronti ad aiutare gli altri, sorvolare sulle “cattiverie” altrui, accontentare sempre gli altri, farsi in quattro per gli altri. Altra peculiarità di questa “bontà” è il mettere in secondo piano sé stessi, i propri bisogni, le proprie necessità, i propri diritti. In realtà, le persone timide che si dichiarano piene di bontà, nei termini poc’anzi indicati, attuano semplicemente comportamenti fortemente svalutanti della propria persona. La loro non è bontà, ma cedere, a buon mercato, la propria dignità. Nella cultura assertiva la bontà non può prescindere dall’amore e dal rispetto verso sé stessi. L’importanza che riveste la propria persona è, e deve essere, prioritaria. Potrei rinunciare a tale preminenza,

Timidezza e svalutazione di sé

Timidezza e svalutazione di sé

Pubblicato da: Categorie: Modelli cognitivi e metacognizioni nel pensare degli ansiosi sociali

Cos’è la timidezza?  È un disagio che si manifesta solo e soltanto nei vari settori dell’interazione sociale. Fuori dal contesto sociale la timidezza non sussiste. È di natura cognitiva, ma la si percepisce, consciamente, solo per gli effetti che produce sulla qualità della vita e delle relazioni di vario ordine e tipo, per i sintomi d’ansia che produce e per l’emozioni di paura che fa provare.

MarioTessari – le strade del destino

La timidezza ha anche implicazioni sugli stili del pensare, le metacognizioni, che vediamo all’opera con l’insistenza sul rimuginare, sul ruminare (rimuginìo rivolto al passato), con l’idea che preoccuparsi o rimuginare sia utile per risolvere i problemi, per capire.

Implicazioni anche sul modo di pensare quando coinvolgono, direttamente o indirettamente, i sistemi di relazione.

La timidezza ha le sue radici in convincimenti inconsci negativi su sé stessi. In pratica riguardano la definizione del sé, in termini di abilità di relazione, capacità di far fronte (in toto o in parte) con efficacia alle situazioni (soprattutto quando riguardano la socialità), amabilità, essere interessanti o attraenti come persona. Convincimenti che producono la svalutazione di sé. Questi convincimenti negativi, che in psicologia cognitiva sono chiamate “credenze”, nel loro insieme, costituiscono l’ossatura principale del sistema i

Timidezza e assertività: Il comportamento passivo

Timidezza e assertività: Il comportamento passivo

Pubblicato da: Categorie: assertività, autostima

Le persone timide e quelle afflitte da altre forme di ansia sociale sono sostanzialmente anassertive. I loro comportamenti dominanti si muovono nell’ottica delle modalità passiva o aggressiva.

Paul Delvaux – il silenzio

Il soggetto passivo antepone i bisogni altrui a quelli propri, pensa soprattutto ad accontentare gli altri piuttosto che sé stesso, anche se ciò gli genera sofferenza e insoddisfazione: in termini transazionali è il tipo “io non sono ok, tu sei ok”.

Egli è interessato non al mondo esterno, ma di sé di fronte al mondo esterno; così come si trova a preoccuparsi non di sé, ma di sé di fronte al problema.

È in questa modalità che si presentano gli effetti peggiori, l’essere sostanzialmente accondiscendenti e quindi, subire la volontà altrui e reprimere la propria, subire l’aggressività degli altri come il dileggio, l’ironia, il bullismo, il diventare soggetti che ricevono consigli da altri che si pongono con un ruolo di superiorità. L’essere passivi abbatte parecchio la propria autostima.

Tuttavia non tutti i comportamenti espressi in modalità passiva sono necessariamente espressione di timidezza o di altre forme di ansia sociale. L’anassertività è molto più diffusa delle forme di disagio sociale, è anche

Timidezza e auto sabotaggio

Timidezza e auto sabotaggio

Pubblicato da: Categorie: I comportamenti degli ansiosi sociali e delle persone timide

Nella timidezza l’auto sabotaggio si verifica in tutti i comportamenti e i pensieri non funzionali al raggiungimento dei nostri obiettivi. Tutti questi pensieri disfunzionali e i comportamenti conseguenti, al momento, possono apparire logici, oppure come immanenza dell’inevitabilità. 

George Grosz – Suicide

Spesso il prendere coscienza della disfunzionalità e del loro essere auto sabotaggio, avviene a posteriori, quando il dado è tratto e se ne vedono le conseguenze negative. In tali contesti possono susseguire due tipologie di pensieri, ambedue confermanti le credenze negative sottostanti. Una prima tipologia si può manifestare nella spietata autocritica con la sottolineatura delle proprie inadeguatezze, caratterizzate da frasi tipo, “non sono buono a niente”, “non faccio altro che combinare casini”, “ancora una volta ho dimostrato quello che sono, una nullità”, “faccio sempre stronzate”.  Nella seconda tipologia possiamo intravvedere i cosiddetti “pensieri razionalizzanti”, che tendono a giustificare i comportamenti che si sono avuti, in genere di evitamento, e che si verificano sempre a posteriori di una data situazione.  Faccio un esempio: Caio ha, come credenza di base, quella di non ritenersi amabile, ha sviluppato un pensiero doverizzante, secondo il quale, nella vita bisogna sempre essere accettati da tutti. Entra in un negozio per acquistare un pantalon

La circolarità della timidezza

La circolarità della timidezza

Pubblicato da: Categorie: Il sistema cognitivo

La timidezza si auto alimenta e auto perpetua e ciò è vero per tutte le forme di ansia sociale.  Il tempo, inteso come sequenza di ripetizione di attivazione delle credenze, dei pensieri automatici negativi , dei comportamenti di difesa (evitamento, elusione, fuga, fuga in avanti, estraniazione), dei sintomi d’ansia, costituisce il fattore di radicamento della timidezza stessa. La timidezza emerge con l’attivazione delle credenze di base disfunzionali, da queste, parte una sequenza di processi, cognitivi e fisici, a cascata.  Ciascuno dei segmenti di tale processo è causale di quello che segue ma, al tempo stesso, è parte della dinamica che conduce alla sua stessa ripetizione. Ciò avviene anche per via del fenomeno del rinforzo.  I comportamenti di affrontamento delle situazioni ansiogene messi in atto, producendo un temporaneo alleviamento, o l’evitamento del rischio paventato attraverso i pensieri predittivi, confermano la validità di tutte le premesse cognitive che hanno dato luogo a quegli stessi comportamenti.

Le credenze di base disfunzionali vengono confermate nel loro valore; i sensi e i significati contenuti nelle assunzioni delle credenze intermedie vengono riaffermate; i pensieri automatici negativi sono rinvigoriti nella loro validità e nella loro automaticità; i comportamenti adottati sono ulteriormente radicati nel loro essere prassi operativa.

La ragione di tutto ciò, pur nella sua complessità, è piuttosto semplice,

Quando l’evitamento della sofferenza diventa disfunzionale

Quando l’evitamento della sofferenza diventa disfunzionale

Pubblicato da: Categorie: I comportamenti degli ansiosi sociali e delle persone timide, Modelli cognitivi e metacognizioni nel pensare degli ansiosi sociali

Nella cultura umana è fortemente radicata l’idea che il raggiungimento della felicità sia maggiormente disponibile evitando la sofferenza. Un tale concetto ha una sua validità nella misura in cui l’evitamento della sofferenza non dia luogo a una cognizione dogmatica e a comportamenti, da essa discendente, che determinano una sorta del “non vivere”.

Carrie Ann Baade – mare di lacrime

Portata alle sue estreme conseguenze, quest’idea conduce a un’implicita negazione della sofferenza come fattore intrinseco e propria della vita umana.  Pensare che la vita sia possibile senza patemi è come negare il principio della gravità mentre un elefante sta precipitando sulla nostra testa. Conseguenza dell’idea d’evitamento della sofferenza è l’assunzione di pensieri e comportamenti di controllo nei confronti delle esperienze.

Tali assunzioni, sono talmente considerate desiderabili, che l’attuazione di strategie di controllo attraverso pensieri e comportamenti, orientati all’evitamento della sofferenza, sono apprese e incoraggiate negli ambienti sociali e sono ampiamente divulgate nella letteratura passata e presente, nelle arti visive e persino nelle pratiche farmacologiche.

Possiamo osservare che, nella timidezza e in altre forme di ansia sociale, le strategie di controllo per l’evitamento della sofferenza, trovano applicazione assidua e sistemica. È una delle r

La commistione tra fatti, pensieri ed emozioni

La commistione tra fatti, pensieri ed emozioni

Pubblicato da: Categorie: Le emozioni, Modelli cognitivi e metacognizioni nel pensare degli ansiosi sociali

Già Epitteto, nel primo secolo d.C., affermava che le persone sono turbate dall’interpretazione che danno alle cose, piuttosto che dalle cose stesse. Un concetto ripreso più tardi anche dall’imperatore e filosofo Marco Aurelio. Cosa contiene di così importante, questa semplice affermazione? 

Bortolossi Walter – cerchio vortice

Da una parte ci sono i fatti puri, semplici e concreti, dall’altra c’è il nostro modo di intendere quei fatti.  Noi assegniamo sensi e significati agli eventi, alle situazioni, ai comportamenti altrui e, a questi ultimi, anche le intenzioni.  Tali attribuzioni di significati, sensi e intenzioni non sono soltanto determinate dalla nostra storia individuale, dalle nostre conoscenze e dalle nostre esperienze; dipendono anche dal nostro stato del momento in termini di umore, emozioni e sentimenti. Variano da persona a persona, ma in uno stesso individuo possono cambiare da momento a momento.

Le persone che soffrono di ansia sociale tendono a trasformare le proprie sensazioni, timori, supposizioni, impressioni, emozioni, in significati e dati oggettivi della realtà esterna.  (altro…)