La demotivazione e il ritiro sociale è ciò che accade a una persona timida che ha vissuto ripetutamente l’esperienza dell’interazione sociale in modo traumatico, avverso, pregiudizievole.
Nel momento in cui ha rafforzato i convincimenti negativi profondi (credenze), riguardanti le proprie capacità e abilità relazionali, o le disponibilità del mondo esterno, l’obiettivo di costruire nuove relazioni umane appare un vano esercizio che produce dolorosa illusione, umiliazione, scoramento.
È a questo punto che l’individuo timido sperimenta la demotivazione e sceglie di allontanarsi dal mondo delle relazioni interpersonali. Così si chiude in casa. Egli si arrende allo sconforto e all’idea di essere un fallito.
Nella timidezza e altre forme di ansia sociale, la solitudine assume carattere distintivo riscontrabile nei comportamenti e stili di vita espressi da tali disagi.
In parte, queste difficoltà nell’interazione sociale sono favorite dal prevalere di stereotipi comportamentali e modelli culturali, ampiamente veicolati nella società contemporanea, che propongono i principi della concorrenza, del primeggiare, del successo sociale, oltre a un’iconografia estetica ben delineata all’interno di determinati canoni.
Giacché la timidezza, e le altre tipologie di ansia sociale, sono sostanzialmente forme di mancato o problematico adattamento cognitivo e comportamentale al mondo reale, sia nei confronti di quello sociale, sia rispetto a quello privato dell’io sociale, gli stereotipi dominanti costituiscono una barriera di separazione, tra chi è in possesso di abilità sociali che utilizza con efficacia, e coloro che non riescono a usufruirne adeguatamente, o non vi ricorrono affatto.
Gli ansiosi sociali vivono, nella gran parte dei casi, l’esperienza della mancanza o carenza di rapporti amicali, di coppia, di efficaci relazioni nei luoghi di lavoro o di studio.
Per le persone timide, le inibizioni ansiogene che si manifestano nei tentativi di stabilire relazioni interpersonali, nelle performance di varia natura e finalizzazione, le difficoltà che si sperimentano nella comunicazione sociale, costituiscono un fattore a forte impatto demotivante.
La timidezza è caratterizzata, quasi sempre, dal timore di essere oggetto della valutazione altrui. Paura alimentata da credenze e assunzioni ispirate a un’idea negativa di sé in termini di qualità, capacità, abilità, attraibilità.
Gli insuccessi derivanti dall’interazione sociale rappresentano, pertanto, la dimostrazione e la conferma della validità degli schemi cognitivi disfunzionali.
Ciò implica il formarsi di sentimenti di fallimento, d’incapacità relazionale che producono, nella mente del soggetto timido, un profondo senso di vanità e inutilità di ogni sforzo profuso nel tentativo di costruire relazioni interpersonali.
Egli vive l’insuccesso relazionale come auto umiliazione, come fallimento della propria persona nella sua totalità.
Con lo sviluppo di questo scenario cognitivo, anche le idee sul futuro personale sono improntate al pessimismo.
Questo sconforto che si manifesta sia in termini cognitivi che emozionali, favorisce l’emergere della paura nei confronti dell’idea stessa di relazionarsi agli altri.
Il ripetersi degli insuccessi relazionali, interpretati come conferma delle credenze disfunzionali, rafforza gli schemi cognitivi collegati, in tal modo, l’inibizione ansiogena favorisce ulteriormente la ripetizione degli errori comportamentali e, come in un circolo vizioso, finiscono con l’accentuare il senso d’impotenza e incapacità.
Diventa inevitabile che ogni pensiero previsionale, orientato alla stima degli esiti di nuovi tentativi d’interazione sociale, è caratterizzato, sempre più, da un’impronta negativa.
In tale contesto, segnato dalla disillusione nei confronti della speranza, e dal prevalere dell’idea d’inutilità di ogni ulteriore sforzo per produrre un cambiamento, prende piede la demotivazione.
La demotivazione è un fenomeno di natura cognitiva che ha lo scopo di economizzare sull’uso delle proprie risorse mentali e fisiche. Spesso, però, è indotta da condizioni emotive o valutazioni cognitive errate.
È ciò che si verifica, negli individui timidi, quando si trovano dinanzi a una valutazione probabilistica che prevede un fiasco, il giudizio negativo degli altri, la riaffermazione di proprie presunte incapacità o inabilità.
L’obiettivo non solo appare irraggiungibile, ma il tentativo stesso di perseguirlo è percepito come fonte di minacce incombenti che alzano il prezzo ben oltre un livello considerato accettabile.
La demotivazione, pertanto, rappresenta la risposta a una valutazione di vacuità, d’inconcludenza nel perseguire uno scopo.