Prima Parte
Per evitare fraintendimenti diciamo subito che quando si parla di comportamento ci si riferisce sia a quanto si dice, sia a quanto si fa.
“Il fattore attraverso il quale possiamo distinguere le diverse modalità di comportamento è individuabile nella “scelta”, un atteggiamento assertivo è il frutto di un’azione volontaria, ragionata e razionale, un individuo che si muove in tal guisa, sceglie, agisce; contrariamente un atteggiamento anassertivo, aggressivo o passivo che sia, non agisce ma reagisce, subisce il comportamento, ne è ostaggio.” [Luigi Zizzari, Il libro dell’assertività, 2° ed. 2023]
Nella normalità, un individuo che si comporta nella modalità aggressiva, mette delle distanze tra sé e gli altri. Possiamo definirla come l’affermazione di sé nel disinteresse assoluto per gli altri. In termini transazionali è del tipo “io sono ok, tu non sei ok”, oppure “io non sono ok, tu non sei ok”. È, in genere, un soggetto sostanzialmente egoista e caratterizzato da una presunta superiorità.
Tuttavia, non bisogna dimenticare che i nostri comportamenti sono il risultato della storia delle nostre esperienze interiori e delle interazioni con l’ambiente sociale.
Quando ci troviamo di fronte a persone afflitte dalla timidezza o altre forme di ansia sociale, il comportamento aggressivo acquisisce anche altri connotati, che possono presentarsi come complementari a quelli già descritti, o alternativi.
In questi casi, la tendenza all’egoismo, si sostituisce una tendenza all’auto isolamento, e non sempre il soggetto ha un’idea di superiorità.
Tutto ciò può risultare più comprensibile alla luce delle cause che determinano i comportamenti anassertivi.
Queste sono di carattere cognitivo e comportamentale e possono essere individuate in tre filoni principali:
L’inibizione ansiogena: le capacità comunicative, anche quando il soggetto possiede le competenze sociali, vengono inibite, ridotte sensibilmente o compromesse, per effetto dell’influenza negativa prodotta dall’ansia. La persona che si trova in questa condizione è mossa dal timore, o dalla convinzione, che un suo comportamento assertivo possa essere causa di risvolti negativi. Qui ci troviamo di fronte al problema di individui nel cui sistema cognitivo vi sono credenze e idee disfunzionali non adeguate alla realtà, e queste producono gli stati ansiosi che agiscono come fattore inibente nelle relazioni sociali. Nel soggetto aggressivo determina comportamenti che sfociano nella conflittualità.
Mancato apprendimento: si verifica nei soggetti che sono cresciuti in ambienti familiari e sociali caratterizzati da carenti modelli assertivi. In questi casi, gli individui timidi, non hanno avuto la possibilità di apprendere e acquisire abilità sociali in misura sufficiente per gestire i rapporti interpersonali, per cui si ha come conseguenza, un deficit comportamentale dovuto al fatto che non sanno cosa e come fare, non conoscono le modalità interattive, non hanno appreso sia le modalità di comunicazione non verbale, sia quelle verbali; è mancato loro un modello positivo da avere come riferimento o da apprendere per imitazione.
Discriminazione errata: succede quando non si presta sufficiente attenzione nella valutazione delle informazioni provenienti dall’esterno, ciò fa sì che le risposte che conseguono a tali stimoli sono inadeguate; giacché basate su interpretazioni errate, determinano il fallimento dell’interazione sociale. La discriminazione errata evidenzia l’abitudine al non ascolto e, oltre a mostrare un mancato rispetto per l’interlocutore, indica una scarsa o nulla propensione a interessarsi realmente agli argomenti prodotti dagli altri. Ci sono alcuni fattori particolari inscrivibili nei filoni precedentemente illustrati, mi sembra opportuno indicarne i principali, per la loro peculiarità:
Errata percezione: capita a chi interpreta un comportamento assertivo come forma aggressiva, essi percepiscono l’assertività come non adeguata alla loro indole o come procuratrice di conseguenze negative nelle relazioni interpersonali.
Non coscienza dei diritti: fondamentalmente perché non hanno una reale coscienza sia della loro validità, sia che essi appartengono a tutti. Talvolta non ne hanno una conoscenza organica, o non hanno mai valutato tali assunti.
Errato apprendimento: talvolta, al mancato apprendimento di modalità assertive, corrisponde l’apprendimento di modalità anassertive. È riscontrabile nei soggetti cresciuti in ambienti familiari e sociali caratterizzati da comportamenti aggressivi, poco o per nulla sensibili all’etica del comportamento sociale. È anche possibile che durante l’età infantile o fanciullesca, determinati comportamenti, aggressivi o passivi, avendo sortito risultati positivi immediati, sono stati valutati come efficaci e vantaggiosi, e adottati come stili di comportamento, determinando così un errato apprendimento.
Rispetto all’ esterno, egli è interessato al sé sul mondo esterno. Non si pone un problema di integrazione, semmai sono gli altri che devono integrarsi nei suoi confronti.