Le persone timide e quelle afflitte da altre forme di ansia sociale sono sostanzialmente anassertive. I loro comportamenti dominanti si muovono nell’ottica delle modalità passiva o aggressiva.

Paul Delvaux – il silenzio

Il soggetto passivo antepone i bisogni altrui a quelli propri, pensa soprattutto ad accontentare gli altri piuttosto che sé stesso, anche se ciò gli genera sofferenza e insoddisfazione: in termini transazionali è il tipo “io non sono ok, tu sei ok”.

Egli è interessato non al mondo esterno, ma di sé di fronte al mondo esterno; così come si trova a preoccuparsi non di sé, ma di sé di fronte al problema.

È in questa modalità che si presentano gli effetti peggiori, l’essere sostanzialmente accondiscendenti e quindi, subire la volontà altrui e reprimere la propria, subire l’aggressività degli altri come il dileggio, l’ironia, il bullismo, il diventare soggetti che ricevono consigli da altri che si pongono con un ruolo di superiorità. L’essere passivi abbatte parecchio la propria autostima.

Tuttavia non tutti i comportamenti espressi in modalità passiva sono necessariamente espressione di timidezza o di altre forme di ansia sociale. L’anassertività è molto più diffusa delle forme di disagio sociale, è anche un problema culturale.

Le caratteristiche della modalità passiva nell’individuo timido sono riscontrabili in:

  • Ha comportamenti non adeguati che generano ansia, insicurezza, senso di colpa, frustrazione, isolamento e inibizione;
  • È sovente influenzabile;
  • Dà spazio agli atteggiamenti manipolatori altrui;
  • Subisce e allo stesso tempo favorisce atti offensivi, umilianti e prevaricatori degli altri;
  • Confonde spesso affermazioni sicure, nette e/o assertive per aggressività;
  • Teme che un comportamento affermativo abbia risvolti negativi;
  • Considera la propria passività come fosse una qualità;
  • È carente nella comunicazione;
  • Talvolta, con l’obiettivo di compiacere a tutti, cerca di evitare qualsiasi forma di contrasto con gli altri ad ogni costo;
  • Ha paura di sbagliare;
  • In taluni casi, ha difficoltà nel prendere decisioni;
  • Ha spesso paura di esprimere opinioni o sentimenti che preferisce tenere per sé, e sovente considera ciò come un valore;
  • È dipendente dal giudizio altrui e lo teme;
  • Spesso ritiene che gli altri gli siano superiori;
  • Talvolta, non riesce a esprimere i propri bisogni ed esigenze;
  • In molti casi, non reagisce quando gli altri si approfittano della sua persona;
    Difficilmente protesta quando gli standard dei servizi sono inadeguati;
  • Raramente raggiunge i suoi scopi;
  • Evita di fare richieste che spesso considera come un recare disturbo;
  • Si sente spesso usato dagli altri ma non fa nulla per modificare lo stato delle cose;
  • Il comportamento evitante è quello dominante.

Lo stile sottomesso del comportamento trova riscontri evidenti sia nel linguaggio, sia nei movimenti corporei che costituiscono la parte essenziale della comunicazione non verbale

Infatti, il soggetto timido e l’ansioso sociale in generale:

  • Tende a giustificarsi frequentemente anche quando non è richiesta alcuna spiegazione;
  • In molti casi, si scusa anche quando non è richiesto dalle circostanze o dagli altri;
  • Ricorre abbondantemente all’uso di parole che esprimono incertezza;
  • Adotta spesso il condizionale e con verbi che esprimono doverizzazioni, ciò soprattutto nei suoi dialoghi interiori;
  • È sovente logorroico;
  • Utilizza molte frasi di autocommiserazione;
  • Ricorre raramente al pronome “io” preferendo esprimersi in terza persona.

E nella comunicazione non verbale:

  • Evita di incrociare gli sguardi;
  • Guarda verso il basso;
  • Ha uno sguardo sfuggente;
  • Il volto ha un’espressione vuota, assente, disinteressata o paurosa;
  • Ha una mimica facciale limitata e contratta;
  • Quando sorride, lo fa con un’espressione di convenienza;
  • Ha un volume di voce bassa e debole;
  • Tende a parlare in modo lento o incerto;
  • In situazioni di ansia o nervosismo tende a parlare in modo veloce;
  • Ha una postura curva;
  • Tende ad avere le spalle piegate in avanti;
  • Tende a tenere le mani piegate;
  • Preferisce esprimere assenso col movimento del capo, piuttosto che verbalmente;
  • Talvolta ha una gestualità smaniosa;
  • Le movenze sono scarne e inespressive;
  • La gestualità tende a essere ripetitiva e monotona, e non coerente con il linguaggio verbale.

Alla base del comportamento passivo si possono riscontrare, sia il problema della competenza, che quello dell’accettazione

Ciò implica credenze di base disfunzionali relative al sé, e che quindi riguardano convincimenti inerenti le proprie capacità di far fronte alle situazioni in cui si è soggetto sociale, alle abilità riguardanti il relazionamento interpersonale, capacità e potenzialità proprie, l’essere o no meritevoli o interessanti come persona.

Le credenze intermedie preponderanti si esprimono in forme doverizzanti e/o condizionali. Emerge spesso anche la tendenza al vittimismo e credenze relative al mondo sociale interpretato come superficiale, cinico, indisponibile.

In conclusione, si potrebbe riassumere la modalità passiva definendola come caratterizzata dalla rinuncia a sé stessi.

 

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