Quando la depressione è indotta dall’ansia sociale e, quindi, anche dalla timidezza, a complicare il quadro complessivo della malattia interviene lo status operante delle credenze disfunzionali insiste nel sistema cognitivo del soggetto.
La comorbilità (presenza contemporanea di più disturbi o malattie) svolge un’azione di alimentazione reciproca dei disturbi accentuando i fenomeni caratteristici sia della depressione, sia dell’ansia sociale.
I sensi di vuoto, d’inutilità e d’impotenza, tipici della depressione vanno a interagire nel contesto cognitivo, di per sé, già deficitario. I sentimenti, le convinzioni e le idee negative che ha un ansioso sociale verso se stesso, finiscono con l’essere rafforzate. Il sistema cognitivo conferma la validità delle credenze coinvolte in questo contesto, nonostante la loro disfunzionalità. I sentimenti d’incapacità, d’inabilità, di scarso valore personale, d’inadeguatezza, che caratterizzano il soggetto timido e l’ansioso sociale in generale, trovano nella depressione, un fattore di rinforzo negativo delle credenze inadeguate e conseguentemente, un ulteriore abbassamento del livello di autostima.
Probabilmente, in un individuo afflitto dalla timidezza o dall’ansia sociale in generale, a innescare un processo depressivo, non è tanto il sistema cognitivo in sé o i comportamenti che ne derivano, quanto gli effetti negativi che la propria condizione psicologica produce nella vita sociale, come ad esempio, l’auto isolamento, la solitudine, l’esclusione, la problematicità delle relazioni umane e lavorative.
La depressione è un disturbo che agisce anche nei processi cognitivi in modo drammatico.
Ma come bisogna comportarsi con una persona depressa?
Il soggetto depresso non ha mancanza di volontà, è incapace di attuare un atto di volontà, semplicemente perché il disturbo inficia i processi decisionali, egli vorrebbe ma non ci riesce, questo conflitto tra volontà e incapacità di attuarla è alla base dei suoi sentimenti d’impotenza e inutilità oltre che dalla sensazione di non aver più via d’uscita.
Incitare un malato di depressione all’azione, alla volontà, non può produrre effetti positivi, semmai induce sensi di colpa, accentua i sentimenti di disperazione e d’inutilità di ogni possibile reazione e della propria persona, è come se egli vedesse se stesso affogare in una palude senza poter far nulla. Vanno evitate frasi del tipo:
- Devi reagire, darti una mossa.
- Non stare a pensare, cerca di svagarti.
- Non star lì a piangerti addosso, devi reagire.
- Cerca di trovare un po’ di svago, devi uscire di più.
- Con la volontà si può tutto, basta solo volerlo.
- Non devi abbandonarti così, sforzati di più.
- Devi cercarti un passatempo, un qualche interesse.
- Basta, non pensarci più.
- Datti da fare e smettila di lamentarti.
Chi soffre di depressione vive malissimo la propria condizione, banalizzare o minimizzare il problema ha come unico risultato quello di indurre sentimenti d’incomprensione altrui, abbandono, solitudine. Sono quindi deleterie frasi come:
- Pensa che c’è chi sta peggio di te.
- Le cose non vanno poi tanto male, vero?
- Sei solo stressato, con un po’ di riposo ti passa tutto.
- Non ti vedo così male, hai un buon aspetto.
- Io quando sto un po’ giù, mi faccio una doccia e mi passa tutto.
- Se sorridi, il mondo ti sorriderà.
- A tutti capita di essere depressi.
- Non sembri affatto depresso.
- A tutti possono capitare delle giornate nere.
- Non ci sono motivi perché tu debba sentirsi così.
- Alla tua età la depressione è un fatto normale, visto che la vita non riserva più novità e insoddisfazione.
- Che ti preoccupi a fare? Non ti manca niente, dovresti essere soddisfatto.
- Comunque il mondo non è fatto poi così male.
- Invece di pensare al passato, vivi il presente.
- Ognuno di noi ha la propria croce da portare.
- Eppure dovresti essere felice, non ti manca niente.