Con quest’articolo finisco il discorso iniziato la scorsa settimana su cosa fare o dire, e su casa non dire o fare con una persona che soffre di depressione. Inizierò proprio partendo da dove mi sono fermato nel post precedente.
Procurano danno anche comportamenti ricattatori, manipolativi, rimproveranti o che si muovono in un ambito di tipo morale.
Quando si è di fronte ad una persona che soffre di depressione, bisogna rendersi conto che la sua condizione psicologica e i suoi comportamenti, non esprime una sua scelta, né il suo modo di vedere e concepire le cose, non è l’espressione della sua cultura, né della sua sensibilità.
La depressione è un disturbo che produce alterazioni biochimiche nel cervello, mettendo in crisi non solo i centri decisionali, ma anche una serie di funzioni come i sistemi percettivi e motori.
Chi richiama “all’ordine” una persona depressa, dimostra di non aver compreso, né di riuscire a immaginare cosa sia la depressione. Rivolgersi a un depresso, in modo manipolativo, rimproverante o in qualche modo moralistico, produce solo un’ulteriore sofferenza, senso di solitudine e isolamento, percezione degli altri come soggetti insensibili, cinici o avversi.
Perciò va evitato di dire cose del tipo:
- Cerca di crescere, invece di fare la vittima.
- Fai tutto questo solo per attirare l’attenzione.
- Comportandosi così fai star male anche chi ti sta vicino.
- Chi l’avrebbe detto che tu fossi una persona così fragile.
- Tu ti comporti così, e se ti accadesse qualcosa di veramente serio che faresti?
- Questo significa che sei un debole.
- Ti stai solo facendo delle fantasie.
- Questo tuo modo di fare, mi fa diventare un depresso.
- Stando così le cose per scuoterti un po’, ti ci vorrebbe una bella batosta.
- Se sei diventato un depresso non è colpa mia, né di nessun altro.
Cerca di dare una mano a chi ha veramente bisogno di aiuto, così la smetterai di stare a lamentarti.
Porsi come i saggi che sanno cosa un depresso debba fare o non fare, che conoscono il perché degli eventi, è la stessa cosa di voler fare un intervento a cuore aperto senza conoscere minimamente il corpo umano, è un atteggiamento presuntuoso. Anche in questi casi si trasmette all’ammalato solo il senso di un mondo che è ben distante da lui. Vanno evitate frasi di questo tipo:
- A te per guarire basta solo una donna (un uomo).
- Esci, fa un po’ shopping, vedrai che dopo ti sentirai meglio.
- Affidati a Dio, vedrai che il Signore ti aiuterà.
- Non dare ascolto ai medici, quelli che faranno ammalare di più.
- Concentrati nel lavoro, funziona.
- Quello che ti manca è il sesso.
- È il Signore che ti mette alla prova.
- Fa una bella vacanza e vedrai che passerà tutto.
Ma allora, cos’è che si può fare?
Avere a che fare con una persona depressa, non è una cosa facile, anzi…
Innanzitutto bisogna trasmettergli un messaggio di vicinanza e di affetto, proporsi nel ruolo di spalla sicura cui appoggiarsi, mostrarsi sinceri nel dichiarare la propria impreparazione in materia, ma allo stesso tempo dichiarare di avere tutta l’intenzione di non lasciarlo/la solo/la, precisando che un percorso di guarigione si può fare insieme.
Altro aspetto che va curato, è quello di evitare che la nostra presenza o il nostro impegno possa procurare, nel soggetto depresso, sensi di colpa nei nostri confronti; quindi va rassicurato che il nostro agire solidale, è una scelta personale volontaria non soggetta ad alcun senso di obbligo.
Consigliare di ricorrere all’aiuto di uno psicologo è buona cosa, a condizione che non diventi un’azione ossessiva e che sia sorretta da argomenti ben sviluppati, meglio ancora se gli si dice “non sarebbe meglio se ti fai aiutare da uno psicoterapeuta? Personalmente penso di sì, e tu?”.