Diversamente dall’agorafobia che, sostanzialmente, ha a che fare con il timore di una perdita del controllo di sé, nelle ansie sociali, la paura verso le persone è riferita alla percezione negativa riguardanti le qualità della propria persona.

Francis Bacon – autoritratto

Se, a livello cosciente, la persona timida avverte l’emozione della paura ed è pervasa da pensieri e immagini negative in cui è l’altro a determinare le conseguenze finali; nel suo livello inconscio, accade qualcosa di diverso: l’altro, o gli altri, svolgono la stessa funzione di uno specchio. 

In un certo senso è come se l’immagine del sé riflessa assume i caratteri della distorsione, della corruzione, del simbolismo, della pre-assunzione. Insomma, uno specchio che riflette una immagine del sé diversa dalla realtà.
Detto in altri termini, l’ansioso sociale teme la sua trasparenza. Si tratterebbe di un sé visibile che farebbe mostra di quelle parti negative del sé che è convinto di avere.
L’essere umano è un animale gregario, avverte fortemente il bisogno materiale ed esistenziale di appartenere a un aggregato sociale, di essere accettato e ben voluto. In fondo, questa è la condizione necessaria per una buona vita sociale affettiva e attiva.

Per l’ansioso sociale e, quindi, per l’individuo timido, la madre di tutti i problemi è l’accettazione sociale.
Benché questo assunto pervade i racconti di sofferenza degli ansiosi sociali, esso è generalmente evidenziato implicitamente, dato che l’attenzione tende a focalizzarsi sulle percezioni negative del sé.
“Ho paura che gli altri mi giudichino male”, “ho paura di mostrare imbarazzo”, “ho paura di
sbagliare”, “ho paura di apparire ridicola/o”, “ho paura di scoprire cosa pensano di me”, “ho paura di non sapermi comportare in mezzo alle persone”.
Ecco dei modi con cui le persone timide raccontano la propria paura degli altri.
A volte emerge anche il timore di subire violenza, soprattutto quando il soggetto timido è oggetto di bullismo. Sentendosi incapace di reagire e difendersi, egli teme non solo il comportamento violento ma anche, e soprattutto, il sentimento dell’umiliazione nell’azzeramento della propria dignità.
Il bullismo non è una banale violenza, chi la subisce è ferito nella propria dignità rispetto a sé stesso e rispetto agli altri. 
Il mondo umano esterno a sé, costituisce un punto di riferimento centrale verso cui si manifestano i desideri e le aspirazioni di ogni ansioso sociale. 
L’atto di bullismo è un atto pubblico, e in quanto tale, pone la persona timida nella condizione psicologica di sentirsi duplicemente osservata: da una parte la platea valutante e giudicante, dall’altra è osservata da sé stessa.
Già, perché nell’ansia sociale si è sempre e costantemente focalizzati su di sé, e si tratta di una autofocalizzazione critica e cattiva che non perdona, che non riesce ad avere auto compassione, che non riesce a produrre auto accettazione e che spesso vive di sensi di colpa: la persona che subisce bullismo è vittima due volte, degli altri e di sé stessa.
La paura degli altri nella timidezza si configura, in ultima analisi, come conseguenza dell’idea del sé inadeguata. 
Dunque, le credenze generalizzanti che delineano la definizione delle qualità e peculiarità riguardanti la propria persona sono il fattore alla radice che spingono il soggetto timido a temere gli altri.
La persona timida, percependosi inadeguata, incapace di gestirsi rispetto agli altri e di gestire sé medesima rispetto a sé stessa, si sente nuda e indifesa. 
Il mondo sociale esterno diventa un luogo pieno di insidie che non è possibile fronteggiare
efficacemente. 
Ecco che la paura degli altri diventa timore del giudizio altrui, paura di scoprire le proprie debolezze, talvolta, persino la paura di affermare verso sé stessi proprie presunte inadeguatezze.
 
 
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