Premessa introduttiva

Sappiamo che le credenze sono modelli interpretativi del mondo reale. Quelle che riguardano l’ansia sociale, e quindi anche la timidezza, sono le credenze relative ai modelli interpretativi del sé, degli altri, del mondo sociale. Sappiamo anche che tali credenze si manifestano attraverso i pensieri e questi, a loro volta, attraverso i comportamenti (cioè quello che si dice e quel che si fa).

Lucas Cranach – il giudizio di paride

I pensieri, nel dialogo interiore, possono manifestarsi in diverse forme: in quella verbale, cioè fatta attraverso le parole e che è la forma più abituale, sotto forma d’immagini mentali, fisse o in movimento, nella forma di puro atto di coscienza. 

Al di là della forma, la funzione dei pensieri si distingue in relazione alla fase del processo cognitivo in cui si attivano. Tale processo può essere sinteticamente suddiviso in: 

  • Interpretazione dell’evento.
  • Valutazione dei propri mezzi per farvi fronte.
  • Previsioni delle conseguenze in merito ai comportamenti ipotizzati o in merito all’evento in sé.
  • Scelta e decisione dei comportamenti come risposta agli stimoli ricevuti.

Il pensiero giudicante nell’ansia sociale

Il pensiero giudicante entra sia nella fase di valutazione dei mezzi per far fronte agli eventi, sia nelle fasi di previsione degli esiti e delle conseguenze, è fattore influente e vincolante nella scelta e decisione dei comportamenti. 

La società umana, sia per cultura o costume, sia per effetto di necessità ineludibili, favorisce lo svilupparsi di comportamenti e modi di pensare orientati alla modalità del fare: il problem-solving, le finalizzazioni dell’agire, gli scopi e le aspirazioni, i ruoli sociali, la produttività e altro, inducono l’uomo a valutare le cose in funzione della loro utilità o per il vantaggio o svantaggio che possono comportare o comunque secondo la categoria generale positivo-negativo.

Nella normalità è funzionale agli scopi, ma nelle persone afflitte dall’ansia sociale è altamente disfunzionale, si ritorce contro sé stesse trasformandosi in uno strumento di auto annientamento delle funzioni espressive e relazionali.

Nel momento in cui si avviano processi cognitivi di ricognizione delle personali capacità, abilità, potenzialità, si attivano le credenze disfunzionali; nella mente degli ansiosi sociali si sviluppano pensieri valutativi che si esprimono in termini di negatività. 

Queste valutazioni non sono altro che giudizi diretti alla propria persona o agli altri: generalmente, è su sé stessi che si abbatte la scure del giudizio. 
Se la definizione negativa del sé di una determinata credenza, costituisce un’interpretazione emotiva della propria realtà, i pensieri finali che ne scaturiscono, non sono più semplici definizioni interpretative, sono atti di negazione delle possibilità proprie, non hanno più carattere ipotetico ma, nella loro funzione giudicante, sono deliberanti, affermanti uno stato di cose considerate certe, concrete, vere, inoppugnabili.

Il dichiararsi falliti, incapaci, inabili, nullità, stupidi, o i sentimenti del farsi schifo, di far pena, dell’essere ridicoli, del non potersi accettare, del farsi ribrezzo, e altro del genere, sono espressione di un’attività mentale giudicante che, nelle persone timide, assume carattere di bocciatura, di auto negazione, di auto condanna, di auto biasimo, negazione di compassione, accettazione, comprensione.
Il pensiero giudicante assume così le caratteristiche: 

  • Di essere escludente di una visione probabilistica di possibili configurazioni delle realtà interne ed esterne.
  • Di essere isolazionista, ghettizzante.
  • Di avere validità assoluta e generalizzante.
  • Di considerare la realtà o la condizione propria come immutabile, senza via d’uscita, predefinita per definizione.
  • Di essere condannante.
  • Di indurre alla rinuncia sistematica e imprimere scelte inibenti e inibite.
  • Di negare la modalità dell’essere.
  • Di essere un fattore fortemente demotivante.

Il pensiero giudicante permea tutta l’attività mentale del soggetto timido, la gran parte dei pensieri automatici negativi sono giudicanti, così come lo sono tutti i pensieri coinvolti nelle attività di ruminazione. 

Di fatto è il fattore che, più di ogni altro, funziona come conferma e rinforzo delle credenze disfunzionali sia nelle fasi cognitive precedenti l’attuazione dei comportamenti, sia nel successivo fenomeno detto di razionalizzazione che è costituito di pensieri orientati a giustificare i comportamenti disfunzionali appena attuati. 

La forte, consistente impronta negativa che i pensieri giudicanti hanno nella vita di tutti gli individui timidi, o afflitti da qualsiasi forma di ansia sociale, fa si che costituiscono uno dei problemi principali che si pone la ricerca clinica per la formulazione di metodologie psicoterapeutiche oltre ad affrontare i disagi psichici. Non a caso la psicoterapia cognitivo comportamentale di terza generazione punta molto sulla decentralizzazione di tali pensieri nelle attività mentali degli ansiosi sociali.

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