Sinteticamente potremmo dire che il senso di colpa discende dal percepirsi come persona sbagliata in qualche modo.
Ma perché ci si sente in colpa?
Da una parte può discendere dall’idea di aver trasgredito alle regole etiche e comportamentali in uso a un gruppo di riferimento o a un dominio sociale più ampio, oppure a norme che costituiscono o assumono particolare valore per il soggetto stesso.
Per altro verso da collegare all’idea di aver avuto un comportamento scorretto, lesivo, ingiusto, o inopportuno, nei confronti di altri.
In ogni caso c’è sempre un’idea svalutativa di sé stessi, definizioni del sé come soggetti inadeguati.
In diverse tipologie di situazioni e comportamenti, il senso di colpa segue o prelude la vergogna.
La persona timida, nel momento in cui si sente in colpa, ha già un background cognitivo centrato su tali pre-giudizi riguardanti sé stessa.
Il senso di colpa può essere sia il prodotto di un processo cognitivo che parte dall’interno e riferito a comportamenti giudicati, in primis, dal soggetto stesso, sia il risultato di un processo cognitivo indotto da terzi.
Se nel primo caso il giudizio di sé nasce, ed è indotto, da un processo esclusivamente interiore, nel secondo caso scaturisce da comportamenti strumentali che terze persone pongono in atto.
Esempi tipici di questa seconda casistica, li possiamo intravvedere nelle dichiarazioni di genitori che tendono a di indurre una modificazione nei comportamenti dei figli, ottenibili con frasi tipiche del tipo:
- “Un giorno di questi, mi farai morire dal dispiacere” ,
- “Con tutti i sacrifici che facciamo per te, è così che ci ringrazi?”;
oppure nelle dichiarazioni di conoscenti del tipo:
- “Da te non me lo sarei mai aspettato”,
- “così mi dai un dispiacere”,
- “pensavo che fossimo amici”,
- “è così che tratti gli amici?”,
- “bell’amico che sei!”.
Questi sono in genere comportamenti tipici delle critiche manipolative che hanno come primo scopo, proprio quello di indurre il senso di colpa. [vedi Luigi Zizzari “il libro dell’assertività”, 2023]
Nel soggetto timido, che è preso dai sensi di colpa, possiamo riscontrare tre forme ricorrenti di distorsioni cognitive.
- La personalizzazione che si manifesta con l’auto incolparsi per ciò che accade anche quando non ci sono elementi evidenti che dimostrano un proprio coinvolgimento colposo;
- il ragionamento emozionale che induce a considerare vero ciò che viene semplicemente percepito, per la qual cosa l’emozione si sostituisce all’analisi razionale e oggettiva;
- l’esagerazione con cui si tende a valutare in modo eccessivo capacità e comportamenti propri.
Una conseguenza di queste distorsioni cognitive e del senso di colpa, è la tendenza verso un’aspra autocritica, all’auto biasimarsi. Questa “cattiveria” nei propri confronti, che è anche l’espressione di una non accettazione di sé, è rafforzata dalla tendenza a non ricorrere ad alcuna forma di auto conforto, di auto aiuto, di auto compassione.
Il senso di colpa produce una condizione emotiva e sentimentale dualistica, da una parte, come abbiamo visto, la severa auto condanna di sé senza attenuanti, che può anche sfociare in una sorta di auto odio, dall’altra un profondo sentimento di disperazione, di sofferenza e contemporaneamente di forte desiderio di liberazione.
Infatti, gli individui timidi sono coscienti del fatto che il senso di colpa li consuma.
All’inizio facevo notare come questo sentimento dipenda dalla percezione di sé stessi. Effettivamente, le credenze che si attivano in seguito a quelle situazioni e/o comportamenti che inducono al senso di colpa, non possono che fare riferimento alla definizione del sé, ma anche a quelle assunzioni e regole implicite cui si fa riferimento per giudicare il proprio comportamento.
Un timido che si ritiene un incapace è indotto a considerare i propri comportamenti come sbagliati per definizione e, di conseguenza, avverte tutto il peso dei propri presunti errori e, pertanto, non può che considerarsi colpevole.
Una timida che si considera stupida non può che provare vergogna per ciò che ritiene di essere e sentirsi in colpa poiché ritiene che per ogni cosa che fa, non può che agire stupidamente e produrre danni.
Le persone timide che pensano di non essere amabili o accettabili vivono nella paura costante di avere comportamenti che trasgrediscono le regole di gruppi sociali verso cui tendono a fare riferimento e dai quali temono di essere respinti: per loro il senso di colpa è dietro l’angolo.
Non a caso nei pensieri automatici negativi e nelle credenze che si attivano inducendo sensi di colpa, ritroviamo frasi del tipo: “Sono uno stupido”, “proprio non ci so fare”, “sbaglio sempre”, “gli altri fanno sempre meglio di me”, “non riesco ad amare”, “sono un peso per gli altri”, “devo sempre dipendere dagli altri”, “non sono mai utile a nessuno”, “sono una persona intrattabile”.