La timidezza e tutte le ansie sociali, esistono in quanto riferita agli altri. Il mondo delle relazioni umane, qualunque sia il loro ambito operativo, è il terreno in cui si consuma il comportamento delle persone timide e degli ansiosi sociali. Essi sono tali solo e soltanto all’interno di questo mondo, fuori dalla socialità la timidezza non esiste.

Ciò rende chiaro ed evidente la centralità che assume la socialità nella vita di un individuo timido.

Enrico Baj – senza titolo

La socialità si esprime in quell’insieme di attività  utili  al raggiungimento degli scopi e questi sono necessariamente dipendenti dalle relazioni con altre persone. 

Ciò implica dunque anche il concetto di dipendenza che si manifesta attraverso il desiderio e il bisogno di aiuto, cooperazione, solidarietà, appoggio. 

Tali bisogni e desideri sono legati alla necessità di sollievo e conforto, alle funzioni di sopravvivenza e riproduzione, alla concretizzazione degli obiettivi, alla soluzione dei problemi, alla gratificazione derivante dall’insieme delle interazioni sociali.

La socialità investe il dominio personale sia nella sua sfera pubblica che in quella privata.

Nel settore pubblico la socialità riguarda aspetti fondamentali per il senso di completezza come soggetto sociale, l’appartenenza al gruppo e il vincolo sociale, l’appoggio sociale e l’approvazione. Nelle ansie sociali l’idea del pericolo e le emozioni ad esse collegate riguardano rischi inerenti la qualità della vita sociale e il proprio equilibrio psichico, collegate a queste, il sentimento della perdita che ne scaturisce, riguarda le ipotesi di conseguenze finali relative all’esclusione, all’isolamento, all’emarginazione.

L’uomo, in quanto animale sociale, ha il bisogno di sentirsi riconosciuto, approvato, accettato, sostenuto negli ambiti sociali in cui interagisce. Tali esigenze sono strettamente legate al senso di valore che assume l’essere pienamente integrati in un contesto sociale.

Non a caso la paura del fallimento e del giudizio altrui costituiscono le emozioni centrali nella quasi totalità dei soggetti timidi. Questi timori, infatti, sottintendono una elevata percezione del rischio che possano verificarsi degli insuccessi o si possa incorrere nel giudizio negativo degli altri, percezioni che portano ad assumere l’ipotesi del pericolo come evento certo e che viene vissuto emotivamente nel presente. 

Sia l’idea del fallimento che quella del giudizio negativo degli altri si forma come anticipazione del futuro; infatti, si manifesta nei pensieri previsionali.

Questi particolari pensieri assumono maggior valenza negativa quanto più l’oggetto della previsione presagisce delle conseguenze nefaste. 

Naturalmente gli effetti negativi, oggetto delle valutazioni del processo cognitivo, hanno come terreno operativo, il mondo delle relazioni e dei ruoli sociali in tutte le loro forme. Ciò che viene considerato a rischio sono dunque l’accettazione di gruppo, l’appartenenza di gruppo, la convivialità e l’identità come soggetto sociale. 

Nel settore privato la socialità riguarda i riscontri e gli effetti inerenti la propria individualità derivanti dall’interazione sociale: il desiderio di sentirsi gratificati nelle relazioni con le persone e che può andare dall’intimità all’accettazione, dall’aiuto agli affetti, alla comprensione. 
Il sentimento della perdita collegato all’aspetto privato della socialità ha, come soluzione finale, l’idea del rifiuto, dell’abbandono, il venir meno delle condizioni di equilibrio psichico, la solitudine, la perdita del controllo del dominio personale. 

La persona timida è, quindi, vulnerabile nei confronti di quelle minacce che vanno a interferire con l’identità, col successo nella competizione sociale, nella difesa della posizione assunta nella gerarchia sociale, al riconoscimento dei propri diritti. Il sentimento della perdita è, pertanto, connesso con l’idea di svalutazione, della perdita di credibilità.

Idee che rendono bene l’importanza della socialità che è sottolineata anche dalla formazione di miti e assunzioni che costituiscono spesso parte fondante dei nostri modelli cognitivi
Non a caso in molti soggetti timidi è molto radicata l’idea di assegnare valore alla propria persona in virtù delle valutazioni altrui, del riconoscimento sociale, dell’approvazione esterna o dell’accettazione del gruppo di riferimento. 
Ovviamente una tale tendenza sottintende credenze di base inerenti a idee di incapacità e/o di inabilità. 
In quest’ottica il concetto della dipendenza assume particolare importanza perché il tendere ad essa in modo eccessivo partecipa nella delineazione di molti dei comportamenti disfunzionali tipici delle ansie sociali e che riscontriamo nei comportamenti anassertivi come gli atteggiamenti passivi e remissivi.

Condividi questo articolo: