Il dominio di riferimento, cioè, tutto il carattere sociale della timidezza, è ben evidente in uno dei classici timori delle persone timide, la paura di fare brutta figura.

Paul Delvaux – la voce pubblica

Si tratta di un’emozione riscontrabile, principalmente, attraverso i pensieri automatici negativi in chiave previsionale. Questi si presentano, solitamente, nella forma verbale o come immagine mentale.

Alberto vorrebbe approcciarsi a Giulia. Pensa, “e se mi dice di no?” Un’immagine quasi fotografica gli viene alla mente: gli amici che hanno assistito alla scena se la ridono.

Carmela deve fare un intervento nell’assemblea. Pensa, “diventerò tutta rossa”, guarda la platea e poi pensa “che figura che ci faccio”.

Adele ha paura di mangiare alla mensa. Ogni volta che si paventa questa possibilità, le viene da pensare: “Si accorgeranno che sono goffa, farò una figuraccia mai vista”.

Rodolfo è invitato alla festa organizzata da un conoscente. Pensa a se stesso come a un imbranato e immagina una scena in cui incespica rovesciando bicchieri e bibite tra le risate scomposte delle ragazze.

Alberto rinuncia perché non avrebbe il coraggio di farsi vedere degli amici, Carmela va nel panico perché teme di mostrare tutta la sua fragilità, Adele evita le mense perché pensa che la sua mediocrità sia estremamente evidente in tutto ciò che fa, Rodolfo reclina l’invito perché pensa di non essere in grado di gestire se stesso.

Quella di fare delle figuracce, è l’emozione più esterna; a essa, ne sottendono altre, più profonde, più gravi, come l’idea che un insuccesso sia lo strumento dell’invalidazione sociale.

Ancora più profonda, è latente una definizione negativa del sé, che può non trapelare nel dialogo interiore del timido, non assurgere al livello del proprio stato di coscienza. Egli la può percepire, ma in una forma emotivizzata, che si esprime come un “sentire”, un “vedersi”. 

È come cogliere un aspetto di sé e al tempo stesso volerlo nascondere a sé stesso. In questo si consuma la diversità e la dicotomia tra il livello cosciente e quello inconscio.

L’invalidazione sociale è, per gli individui timidi, la conseguenza finale di proprie prerogative negative. 

Le credenze sul sé, possono essere relative alle abilità sociali, alle capacità di far fronte alle situazioni con efficacia, all’essere amabile, all’essere interessante o attraente come persona. 

Si comprenderà, quindi, che nel momento in cui si sono formate delle credenze negative del sé, tutti gli schemi cognitivi che ne discendono, conducono a un riconoscimento d’inadeguatezza e/o alla previsione di un insuccesso. 

Ma questi processi cognitivi, sebbene siano rintracciabili nel flusso di pensieri negativi che attraversano la mente di una persona timida, non riescono ad essere oggetto di piena consapevolezza: come precedentemente detto, questa negatività è percepita come emozione pensata, attraverso l’emozione vissuta e i sintomi dell’ansia.

L’immagine che viene in mente ad Alberto, la scena immaginata da Rodolfo, sono flash che non producono memoria stabile e di cui difficilmente resta traccia nelle scelte che faranno, nei loro ragionamenti a posteriori. È il filo di Arianna che si perde, la scomparsa del sentiero che potrebbe condurre alle origini oggettive dei propri disagi.

E a te, capita di aver paura di fare brutta figura? Che pensi?




IL MANUALE DI AUTO TERAPIA PER LA TIMIDEZZA E LE ANSIE SOCIALI
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