Il mancato apprendimento di modelli comunicativi.
Negli ambienti dove:
- c’è carenza di attenzione verso i minori,
- non ci sono esempi di comportamenti assertivi,
- sono inibite le manifestazioni espressive di emozioni e sentimenti,
- non viene favorita la socializzazione tra minori,
- vengono trasmessi motti, precetti familiari, assunti culturali che inibiscono la libera espressione di idee e comportamenti,
- ci sono, da parte delle figure di riferimento, comportamenti limitanti l’autonomia del minore,
- ci sono figure di riferimento a loro volta oggetto di ansia sociale,
Quando si cresce in ambienti inadeguati come questi, vengono a mancare esempi e trasmissione di modelli comunicativi. Il minore non ha quindi la possibilità di apprendere modi e tecniche di relazionamento che vanno a costituire il repertorio sociale dell’individuo.
Se tale repertorio è deficitario, le possibilità di costruire relazioni si riducono sensibilmente, ciò perché l’individuo timido si viene a trovare in due tipi di problemi, da una parte ha la difficoltà a comprendere tutta una serie di messaggi, provenienti dagli altri, orientati alla costruzione o gestione delle relazioni; dall’altra non sa come inserirsi nei contesti di socializzazione poiché non sa cosa e come fare.
È indubbio che il mancato apprendimento di modelli comunicativi, concorre nella formazione di credenze disfunzionali relative alle proprie capacità e abilità o rinforzano quelle già esistenti; alimentano lo svilupparsi di un basso livello di autostima, e di conseguenza l’aumento della propria insicurezza.
Il mancato esercizio di modelli comunicativi.
Quando il sistema cognitivo di una persona ha, nel proprio corredo interpretativo, delle credenze disfunzionali che determinano convincimenti negativi su di sé, inerenti le proprie capacità e abilità, e quindi sviluppano la formazione della timidezza o di altre forme di ansia sociale, produce conseguenzialmente pensieri e comportamenti inibiti. In questi casi la persona timida, pur essendo in possesso di buone competenze sociali, non riesce a utilizzare il proprio repertorio per effetto dell’inibizione ansiogena. Infatti, la timidezza implica comportamenti evitanti, elusivi o estranianti che non permettono, all’individuo timido, l’esercizio delle proprie competenze sociali.
Le competenze sociali, per acquisire efficacia, vanno esercitate, altrimenti hanno lo stesso potenziale di un’arma spuntata.
Se ci fai caso, ti riesce più facile esprimere contenuti che riguardano quelle attività che svolgi frequentemente anche in modo verbale, piuttosto che esprimere contenuti di cui non sei abituato a discutere.
Quello che accade alle persone timide, in possesso di buone competenze sociali, è che il mancato esercizio di tale abilità comporta il loro “arrugginirsi”, si perdono vocabolario, scioltezza esplicativa, schemi logici, routine espressive, prontezza mnemonica, associazioni mentali. Il risultato è molto simile a quello di coloro che non hanno appreso competenze sociali. Si diventa impacciati, insicuri. Anche in questi casi le conseguenze sono un abbassamento del proprio livello di autostima, il rinforzo delle proprie credenze disfunzionali.
Che fare?
La mente dell’individuo timido concentra la sua attenzione sulle sue qualità e sui giudizi degli altri, la situazione oggettiva che si consuma sotto i suoi occhi, diventa come qualcosa di estraneo, di cui egli è spettatore peraltro distratto, non è soltanto concentrato sugli elementi negativi che percepisce di sé, è anche decisamente estraniato da quanto gli accade intorno.
La timidezza in queste situazioni porta a perdere completamente di vista l’oggetto stesso del momento contingente, le conversazioni si svuotano di significati e contenuti, semplicemente perché si è smesso di ascoltare, i temi diventano privi di interesse.
Le motivazioni all’ascolto, a cogliere significati e contenuti, alla partecipazione attiva, si annichiliscono sotto il peso frustrante della percezione della propria incapacità, inabilità, incompetenza.
Eppure, proprio partendo dall’idea di motivazione all’ascolto, all’interesse verso significati e contenuti, è possibile deviare la tendenza a concentrare la propria attenzione, dalle percezioni negative di sé, in direzione dell’oggetto del momento presente.
È proprio l’ancoraggio al presente dinamico, svincolato da quelle condizioni statiche che riguardano l’idea di sé, il segreto per uscire dall’impasse.
Seguire le conversazioni, interessarsi e valutare i contenuti e i significati che vengono espressi, riscoprire e rivalutare il contatto visivo (non necessariamente prolungato) soprattutto con l’interlocutore parlante, saggiare il sorriso “di presenza” per trasmettere quel messaggio che significa “io ci sono”, questi sono i comportamenti essenziali per determinare e trasmettere la reale presenza sociale nel presente e l’Essere.
Inizialmente, viste le difficoltà oggettive determinate dalla tua timidezza, non è necessario intervenire da subito nelle discussioni, comincia a seguire, a essere presente, a interessarti a quel che si dice, e a valutare la validità o meno dei contenuti che vengono espressi, quando sei entrato/a mentalmente in quel momento presente, comincia a partecipare anche solo iniziando con qualche domanda aperta.
Se le tue attuali difficoltà sono dovute anche a un mancato apprendimento di modelli di comunicazione, un training di assertività può decisamente aiutarti nel tuo progetto di rinascita come individuo sociale comunicante.