La timidezza d’amore – seconda parte

La timidezza d’amore – seconda parte

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ALLA PRIMA PARTE

SECONDA PARTE

Le persone timide in amore, proprio per l’effetto che le credenze negative che hanno su di sé, sono dominate dalla paura: timore di fallire, di essere respinti, di essere inopportuni, di non essere capaci di rapportarsi, di apparire ridicoli o inaccettabili, di diventare oggetto dell’ilarità o del giudizio altrui. 

De Chirico – Oreste solitario

Fondamentalmente, hanno il timore di base che le inadeguatezze che pensano di avere diventino evidenti agli occhi della persona oggetto del sentimento d’amore e, pertanto, di andare incontro a un insuccesso. Gli schemi cognitivi disfunzionali, caratteristici nella timidezza d’amore, si concludono, generalmente, con metacognizioni e pensieri automatici negativi a carattere previsionale, che possono presentarsi sia in forma verbale, sia in quella di immagini.

Ad esempio, pensieri del tipo: “e se non le/gli interesso?”, “Lei/lui non mi caga proprio”, “mi dirà di no e farò la figura del fesso”, “… magari mi riderà anche in faccia”, “se mi dice di no, è meglio che non mi faccio vedere in giro per un bel po’”, “mi rifiuterà, non ci so fare”, “non sono neanche cosa dovrei dire”, “si accorgerà che sono un imbranato e penserà che sono un fallito”, “sarò il solito imbranato/a e mi rifiuterà subito”.

I pensieri in forma di immag

La timidezza d’amore – prima parte

La timidezza d’amore – prima parte

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PRIMA PARTE

La timidezza d’amore può manifestarsi con diversi livelli di ansietà e disagi, i cui comportamenti possono andare dal semplice impaccio nelle forme più lievi, al radicale evitamento in quelle più croniche.

Silvano Bruscella – desiderio

È, probabilmente, la forma di disagio più raccontato nella letteratura e nel cinema, è anche quello che, più di ogni altro, rappresenta la timidezza nell’immaginario collettivo. Dato che la timidezza è un fenomeno molto variegato, nelle forme, nelle intensità, negli ambiti in cui si manifesta, si sono creati diversi modelli di classificazione che, a tutt’oggi, fanno rientrare questa forma di ansia da relazione, ora in una classe, ora in un’altra, a seconda se il tipo di raggruppamento è stato operato in funzione delle caratteristiche individuali o in quelle delle espressioni sociali.

La timidezza non si manifesta in un singolo ambito d’azione. Ciò per il fatto che le credenze e le metacognizioni sottostanti, ineriscono a qualità o inadeguatezze che investono diversi aspetti del vivere sociale.

Ciò vale anche per la timidezza d’amore, la quale, non sussiste come disagio specifico a sé stante. Tuttavia, quella d’amore, può costituire l’ambito principale, o più evidente, in cui si manifesta la ti

Cos’è l’ansia sociale

Cos’è l’ansia sociale

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Timidezza, fobia sociale e disturbo evitante della personalità hanno caratteristiche che sfumano spesso l’una nell’altra, sia per la tipologia delle paure, sia per la tipologia dei comportamenti che vengono posti in essere.

Paul Gauguin- les miserables

Benché queste forme di sofferenza differiscano tra loro per intensità, quantità e qualità dei fenomeni comportamentali e cognitivi che li caratterizzano, sono sovente considerate sinonimo l’uno dell’altro, soprattutto per quanto riguarda la timidezza e la fobia sociale. Queste forme di sofferenza presentano, un comune gruppo di elementi cognitivi centrali, come la paura del giudizio altrui e la sottovalutazione dei propri mezzi in termini di capacità, abilità e attraibilità. Nel DSM IV (manuale diagnostico dei disturbi mentali e della loro catalogazione) la dizione “disturbo d’ansia sociale” è utilizzata come alias di “fobia sociale”, ma il fatto che forme di disagio, come timidezza, fobia e disturbo evitante della personalità, abbiano in comune diversi fattori, spiega perché molti autori e ricercatori ricorrono alla locuzione “ansia sociale” come indicazione di una categoria più ampia, all’interno della quale, queste, possono essere distinte per mezzo di quegli aspetti che le diversificano.

Andrè e Legeron, ad esempio, considerano la categoria dell’ansia sociale come un continuum che va dalla semplice normalit

I tipi di timidezza: quella del quotidiano

I tipi di timidezza: quella del quotidiano

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La timidezza del quotidiano si manifesta quando si percepisce la propria diversità nell’ordinarietà delle relazioni, avvertita come incapacità di fare ciò che per gli altri è cosa normale e abituale. Diversamente dalle altre tipologie della timidezza, in quella del quotidiano, il soggetto non si pone da sé al centro dell’attenzione, né esservi posto dagli altri, si tratta in genere di avere ruoli di comprimari.

Paul Cézanne – Le grandi bagnanti

Nel suo dialogo interiore, il timido da quotidiano, tende a confrontare sé stesso con gli altri, percepiti come individui decisamente abili a relazionarsi e a saper gestire tali rapporti.

Questi tipi di persone timide vivono con grande disagio le situazioni di stallo, i silenzi nelle conversazioni, i vuoti d’attività. Sono a disagio nelle conversazioni d’intrattenimento, nelle discussioni banali e frivole o in quelle piene di battute, ma temono anche gli sguardi.

L’ordinario, che per gli altri è “ordinaria amministrazione”, per il soggetto timido è un grosso ostacolo tra sé e gli interlocutori, egli avverte un senso di estraneità sociale nel contesto contingente in cui viene a trovarsi, la difficoltà di adattamento lo fa sentire come un soggetto esterno e distante, una sorta di spettatore posto al centro del palcoscenico. Per una persona caratterizzata dalla timidezza del quotidiano, è piu

I tipi di timidezza: quella d’azione

I tipi di timidezza: quella d’azione

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La timidezza d’azione esprime il timore che i propri comportamenti possano non essere graditi agli altri. Questa forma di timidezza è riferita all’ipotesi che l’individuo timido assuma il ruolo di operatore attivo nelle relazioni interpersonali, ponendosi da sé al centro dell’attenzione, con la propria iniziativa o partecipazione, in attività sociali che possono anche essere una semplice discussione. Ciò che preoccupa queste persone timide è che le controparti possano reagire ai loro comportamenti, generando ripercussioni negative.

I timidi d’azione hanno paura di arrecare agli altri, fastidio, offesa, danno, irritazione, contrarietà, disturbo.  Il timore che provocare queste emozioni o sentimenti ai loro interlocutori è generato, a sua volta, da un secondo livello di preoccupazione che propone, come previsione di reazione, la generazione di conflitti, di essere giudicati negativamente, di provocare perdita di stima nei propri confronti.  Tali risposte negative provenienti dall’esterno, procurano infine, il timore di restare isolati, emarginati, essere respinti, suscitare la non accettazione della propria persona, precipitare nella solitudine, del crollo delle proprie possibilità di sviluppare relazioni significative e positive, di non aver accesso a livelli gratificanti nelle attività  professionali e lavorative. La perdita è, dunque, il sentimento che le persone timide d’azione vivono con grande intensità

I tipi di timidezza: quella di visibilità

I tipi di timidezza: quella di visibilità

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La timidezza di visibilità è quella che descrive una persona che teme di incorrere nello sguardo degli altri, di apparire, per l’appunto, pubblicamente visibile.

Dali – solitudine eco antropomorfica

Contrariamente alla timidezza da prestazione dove il soggetto timido si pone, quindi da sé, al centro dell’attenzione, nella timidezza da visibilità l’individuo timido teme tutte quelle azioni che lo fanno sentire come essere posto, da parte degli altri, al centro dell’attenzione. Chi ha questa caratteristica, ad esempio, non riesce a reggere l’incrocio degli sguardi, ad alzarsi in un ambiente quando gli altri sono seduti, uscire dal treno o dall’autobus quando gli altri non lo fanno, e così via. Queste persone sentono di avere gli occhi del mondo addosso, una platea che ride di lui, che lo giudica dall’alto in basso senza attenuanti e senza rispetto. Avvertono l’imbarazzo di distinguersi visivamente dagli altri, nel corso del vivere quotidiano, di diventare, contrariamente alla propria volontà, l’oggetto dello sguardo altrui.

Chi vive questa condizione, è una persona che preferisce l’invisibilità, l’anonimato, potersi confondere tra le cose e le persone, sfuggire agli occhi e all’attenzione degli altri. Coloro che sono afflitti da questo tipo di timidezza, temono di rendere evidente, all’esterno, la propria na

I tipi di timidezza: quella da prestazione

I tipi di timidezza: quella da prestazione

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Ci sono persone in cui si manifesta il loro essere timidi quando devono affrontare situazioni come il dover sostenere un esame, un colloquio di lavoro, quando devono esporre progetti o relazioni dinanzi a un pubblico o a dirigenti, quando devono esprimere pareri e idee, quando devono esibirsi in manifestazioni artistiche e culturali o anche sportive, quando è proiettato nella determinazione di un rapporto di coppia, nelle situazioni in cui deve instaurare nuove relazioni amicali, quando viene a trovarsi in rapporti sessuali.

Max Ernst – la caduta dell’angelo

Mi riferisco, quindi, a tutte quelle attività in cui il soggetto timido avverte il peso di dover dimostrare il proprio valore, le proprie capacità, abilità, competenze. Tutte queste persone sono accomunate da una paura di base: il giudizio degli altri. Per loro, l’essere giudicati negativamente, significa andare incontro a conseguenze che giudicano catastrofiche, che si traducono in isolamento sociale, nel rifiuto degli altri verso la propria persona, l’essere discriminati sia nelle relazioni amicali, sia nel mondo del lavoro, sia nel mondo delle attività sociali in generale. L’essere umano è un animale sociale, in tale veste, egli afferma se stesso attraverso la piena integrazione nelle attività e nelle relazioni che si svolgono all’interno della comunità e nei contesti cui fa riferimento. Le persone tim

I tipi di timidezza: della rivelazione di sé

I tipi di timidezza: della rivelazione di sé

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Ci sono molte forme in cui può manifestarsi la timidezza. Infatti, non necessariamente, una persona è timida in tutti i campi dell’agire sociale. Si può essere timidi anche relativamente a specifiche e limitate situazioni, o in singoli o più campi della vita sociale. Oggi tratterò della timidezza della rivelazione di sé. Essa è riferita all’esternalizzazione o esplicitazione di qualunque cosa riguarda la propria vita personale. 

Norman Rockwell – il problema con cui noi tutti viviamo

L’individuo timido nella rivelazione di sé, può tranquillamente trovarsi a suo agio nelle conversazioni riguardanti il quotidiano, nel pour parler o di qualsiasi altro argomento, purché non si tocchi la propria sfera personale; se ciò accade egli, si blocca, perde la spontaneità conversativa, fino ad apparire reticente, comincia a manifestare comportamenti e sintomi d’ansia quali possono essere il farfugliare, tendenza a diventare sfuggente, il rossore in viso, un vistoso cambio delle espressioni facciali tendenti al rabbuiare o in altri atteggiamenti di evidente impaccio.

La problematica del rivelare sé stessi, in un soggetto timido, può essere rintracciabile nella paura di incorrere nel giudizio negativo degli altri, nella paura di non essere accettato o di essere rifiutato dagli altri. 

Il timore della negatività del giudizio altrui e l’esclusione sociale cost

Le forme della timidezza

Le forme della timidezza

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Le persone timide sono coscienti di esserlo. Tale consapevolezza ha due distinte dimensioni, una pubblica, che si traduce nella preoccupazione di come si viene percepiti dagli altri e dalle sensazioni che suscita; l’altra privata, caratterizzata dal dirigere la propria attenzione verso se stessi, alla propria interiorità ma orientata ad assumere valenze negative.

Partendo dalle due dimensioni della timidezza, Zimbardo ne delinea tre classi:

I timidi che non provano a relazionarsi con gli altri e quindi prediligono stare da soli, in essi la dimensione privata è prevalente. I timidi che sono esitanti a relazionarsi agli altri, mostrano scarse abilità sociali e hanno una bassa autostima, in questi soggetti non emerge una dimensione nettamente prevalente. I timidi che hanno paura di rompere le regole sociali e di non soddisfare le aspettative degli altri, in questa tipologia prevale la dimensione pubblica.

S. Dalì – due adolescenti

Altri studiosi, partendo sempre dalle due dimensioni della timidezza, collegano queste ai due tratti della personalità junghiana, l’estroversione e l’introversione. In questo modo si vengono a delineare le categorie dei timidi introversi e dei timidi estroversi. Non bisogna però fare confusione tra timidezza, estroversione e introversione, queste ultime due descrivono i modi di porre l’attenzione verso la realtà. 

L’introverso t