Per tanti individui, il non sapersi esprimere, costituisce il fattore che caratterizza la propria timidezza. Il soggetto che vive questa condizione finisce con l’arenarsi nella costruzione dei rapporti interpersonali, egli si trova in una situazione d’impasse relazionale da cui non riesce a uscire, e quando ci prova, lo fa in modo goffo, impacciato.

James Ensor – rifiutata

Laddove non c’è la conoscenza della timidezza come fenomeno di disagio psicologico strutturato e causale, i comportamenti degli individui timidi sono oggetto di fraintendimenti, incomprensioni, generalizzazioni, etichettature, che producono emarginazione, comportamenti di bullismo e, in certi casi, anche sentimenti di fastidio, offesa o repulsione. Ciò accade anche perché i soggetti disagiati appaiono come espressione di modelli negativi culturali e sociali.

La carenza di competenze sociali nella comunicazione, è generata da un lato, da un mancato apprendimento di adeguati modelli di relazione verbale, e dall’altro, dal timore del giudizio altrui e sentimenti d’incompetenza personale.

Il mancato apprendimento è, chiaramente, strettamente collegato all’ambiente familiare e/o sociale in cui il soggetto è cresciuto, soprattutto nella prima infanzia e durante la fanciullezza; infatti, è proprio in quest’arco temporale della vita di un individuo, che si apprendono le forme di comunicazione finalizzate alle relazioni interpersonali.

In un ambiente dove le figure di riferimento sono, esse stesse carenti, sotto il profilo delle competenze sociali, vengono a mancare gli esempi e le occasioni per un equilibrato e positivo apprendimento di modi e forme delle manifestazioni verbali nelle relazioni sociali. Il bambino, in questo contesto, non impara a comunicare in modo adeguato, comprensibile agli altri, egli comincia ad adottare un linguaggio che non corrisponde a quello dei suoi pari che, pertanto, non lo comprendono; ciò innesca un processo di fraintendimenti e incomprensioni che conducono all’emarginazione del bambino all’interno del gruppo. Sentendosi escluso o anche criticato dai suoi pari, il bambino, nel percepire se stesso, sviluppa convincimenti che lo inquadrano come soggetto inadeguato, incapace, persino poco intelligente o stupido. 

Quando un bambino, isolato dai suoi pari, è anche contestato dai membri del gruppo di appartenenza, per via dei suoi comportamenti che l’hanno portato a essere escluso, sviluppa anche il timore del giudizio altrui, vissuto come fattore di esclusione, di emarginazione, di perdita di affetti amicali, di svalutazione del proprio valore come persona.

Questi convincimenti, se non intervengono fenomeni di segno completamente opposto, diventano le convinzioni dell’adolescente e dell’adulto.

Le credenze riguardanti quel sé inadeguato, incapace, stupido, di scarso valore, possono formarsi anche per effetto di comportamenti attuati da genitori, familiari o accudenti, tendenti all’etichettamento, al rimprovero reiterato, al confronto con i pari usati come esempio, al ricorso di critiche rivolte non hai comportamenti ma qualificanti la persona, all’eccessivo protezionismo, al ripetuto sostituirsi al bambino in decisioni che avrebbero dovuto essere sue, alla repressione di momenti di autonomia.

La paura verso il giudizio altrui esprime, a sua volta, il timore che le proprie inabilità siano visibili all’esterno, è un po’ come obbedire al detto “occhio non vede, cuore non duole”. Nella mente di un soggetto timido, nel momento in cui le proprie debolezze diventano di dominio pubblico, il proprio valore come persona crolla, sprofonda nell’inferno, egli diventa immeritevole sia di essere preso in considerazione come persona, dotato quindi di capacità e qualità, sia di essere benvoluto, amato e rispettato.

L’insieme di questi fattori che ho fin qui analizzato, costituisce un mix che impedisce alla persona timida persino di tentare di comunicare. Chi ha difficoltà a esprimersi, non riesce a manifestare opinioni e idee, ma anche sentimenti ed emozioni, ciò fa si che anche i rapporti affettivi, amicali o amorosi che siano, stentano a decollare o a trovare una dimensione in cui i problemi della comunicazione possano svolgersi in un ambito fisiologico.

Con le credenze negative, i timori che da queste scaturiscono e i fenomeni d’ansia che ne derivano, la persona timida sceglie sostanzialmente la strada dell’evitamento, preferisce il silenzio al rischio di una cattiva performance.

Il problema, è dato dal fatto che il soggetto timido valuta sistematicamente come controproducente, ogni sua ipotesi di comunicazione sociale, nel senso che ogni suo tentativo di esprimersi, non possa che generare solo conseguenze nefaste, cioè il giudizio negativo altrui che lo condannerebbe a una miserevole esistenza.

Un altro aspetto, di cui bisognerebbe tener conto, è che le persone timide che ritengono di non sapersi esprimere, spesso pensano anche che tale abilità sia dovuta a una loro incapacità assoluta, essi si sentono cioè, incapaci per nascita, quasi come se avessero una limitazione innata, naturale, delle proprie potenzialità cerebrali. In realtà la questione, è che semplicemente non sanno cosa e come fare.

Un addestramento assertivo potrebbe risolvere il loro problema e aiutarli a ritrovare una buona dose di autostima.

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